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Benvenuti. Oggi parliamo di fallacie logiche, spirito critico e propaganda politica. Sto lavorando a una sorpresa che uscirà tra due settimane: per la prima volta ci sarà un ospite. Non vedo l’ora di farvelo leggere. Se apprezzi questo numero e il progetto, condividilo cliccando il bottone qui sotto. E, di nuovo, grazie di tutti i messaggi.
“Il discorso è un gran dominatore: con corpo piccolissimo e invisibile, la parola sa compiere cose straordinarie; riesce infatti a calmar la paura, a eliminare il dolore, a suscitare la gioia e ad aumentar la pietà.”
Gorgia
Quanto è potente la parola? I discorsi possono modificare il nostro modo di vedere il mondo? Come si può resistere alla persuasione e alla retorica? Oggi proviamo a rispondere a queste domande, in particolare in relazione alla politica: analizzeremo due strumenti retorici che vengono usati quotidianamente nel discorso politico pubblico, ma che, già da secoli, sono stati dimostrati come logicamente fallaci.
Facciamo un passo indietro, necessario per capire i passaggi successivi. I primi uomini a riflettere sul modo con cui il discorso e il linguaggio possono modificare il mondo umano furono, stranamente, i greci. Essi per indicare la parola usavano il celebre termine logos, il cui significato, oltre che parola, è pensiero, ragionamento, argomentazione. Questa ricchezza semantica rende la parola logos difficilmente traducibile. Tuttavia, il concetto di logos è stato talmente influente che questa parola può essere trovata in tantissimi termini anche della nostra lingua (per esempio in ogni materia che termina con -logia, come biologia, che significa appunto parola/pensiero/ragionamento sulla vita). Ma la parola in cui il termine logos è più facilmente riconoscibile è logica. Quando parliamo di logica, parliamo infatti di scienza del logos, del discorso, del ragionamento.
Ma torniamo agli antichi. Tra i greci stessi 2500 anni fa vi furono degli uomini che compresero con straordinaria modernità la potenza della parola, intesa come strumento di persuasione, e la resero il modo per portare a casa la pagnotta. Venivano chiamati “prostituti del sapere”: erano i celebri sofisti che iniziarono a farsi pagare in cambio dei propri insegnamenti. Tra questi antichi sapienti, il più celebre è Gorgia, che ha scritto il meraviglioso passo citato qui sopra. La loro influenza sulla tradizione occidentale si può facilmente dedurre dal fatto che ancora oggi noi utilizziamo l’aggettivo sofista (il perché il termine abbia un’accezione negativa è un altro discorso, ma il fatto che li chiamassero prostituti conduce sulla via giusta).
E qual era il centro del loro insegnamento? La retorica. I sofisti compresero che non era il contenuto ciò che contava di più quando si aveva a che fare con folle di persone, ma il metodo di comunicazione. “Il discorso è un gran dominatore” dice Gorgia “sa compiere cose straordinarie”. In una democrazia (cioè la forma politica dell’Atene di Gorgia e, con tutte le precauzioni storiche, anche la nostra configurazione statuale) la persuasione nel discorso politico è fondamentale; infatti la maggior parte dei loro clienti erano giovani ambiziosi altolocati che volevano avere successo politico.
L’idea geniale avuta da questi uomini fu quella di iniziare a studiare le strutture linguistiche in sé, così da riuscire a costruire dei modelli astratti applicabili a molti contesti. Perché ciò che contava e che conta è: convincere il pubblico e vincere la discussione con l’avversario. I sofisti furono i primi ad affermare che tutto è relativo, e che una verità senza contesto non esiste. E se anche esistesse, non potremmo conoscerla: l’uomo è misura di tutte le cose, diceva un altro celebre sofista, Protagora. Proprio per questo, dato che tutto è relativo, l’arma più potente che abbiamo è sempre lei, la parola, il logos.
Da quel tempo non ci siamo più fermati: sulla comunicazione oggi ci sono lauree specialistiche. Solo che… forse la cosa ci è sfuggita di mano:
Tutti i formidabili eventi che hanno cambiato l’aspetto del mondo furono provocati dalla parola parlata.
Bella frase. Solo che l’ha scritta Adolf Hitler nel Mein Kampf. Hitler ha costruito quello che ha costruito proprio sulla propaganda politica e sul proprio carisma retorico. Come sempre succede per l’umanità, nel momento in cui un’intuizione geniale apre una porta (e quella porta è stata aperta dai sofisti), le potenzialità che ne derivano vengono usate sia dai buoni che dai cattivi.
Ora, arriviamo al punto. Dopo aver compreso la potenza che il discorso può avere nell’influenzare ciò che pensiamo del mondo, capovolgiamo il discorso. Mettiamoci nei panni di chi ascolta, non di chi parla. Come resistere alle manipolazioni logiche e ai trucchetti retorici? Per provare a rispondere a questa domanda, analizzeremo due di questi metodi per metterli a nudo e farne emergere la contraddittorietà.
Entrambi sono due falsi nessi causali utilizzati quotidianamente nelle strumentalizzazioni politiche. Partiamo dal primo:
Cum hoc ergo propter hoc - Correlation does not imply causation
Cosa significano questi paroloni? In realtà il concetto è molto semplice. Basta comprendere la differenza tra correlazione e causazione. Due eventi sono correlati tra loro quando sono accomunati da una relazione statistica. Per esempio: se io noto che ogni volta che vado a fare un esame, appena esco di casa inizia a diluviare, io sto notando una correlazione statistica tra il mio andare a fare l’esame e l’inizio del diluvio. Tuttavia, questo non significa che sia il mio esame a causare la pioggia. Questo perché la causazione è una cosa differente: una causa è tale per un determinato effetto quando è necessaria, e quindi non può mancare perché l’effetto si produca. Se io smetto di andare all’università, nel mondo continuerà a piovere. Proprio perché non era il mio fare gli esami a causare la pioggia. Diversamente, se uno smette di mangiare Nutella tutti i giorni e all’improvviso gli scompaiono tutti i brufoli che ha in faccia e nel sedere, quello era un rapporto causa/effetto. Perché era proprio il mangiare così tanta Nutella a causargli i brufoli: ecco un rapporto di causazione.
Riassunto: se due eventi sono causa l’uno dell’altro, essi sono necessariamente correlati. Ma se due eventi sono correlati tra loro, essi non sono necessariamente causa l’uno dell’altro. Appunto: la correlazione non implica la causazione. Andiamo col secondo.
Post hoc ergo propter hoc
Altro giro. Cosa significa questa locuzione latina? Dopo questa cosa allora a causa di questa cosa: è facile capire il perché anche questa sia una fallacia dopo aver compreso quello che dicevamo prima. Prendiamo due eventi: uno precede l’altro. Prima parlavamo di eventi contemporanei, ora di eventi consequenziali. Come abbiamo già capito, una causa per essere tale deve essere necessaria: non può mancare, se no il suo effetto non si produce. Questo significa che la causa deve essere precedente al suo effetto: ma questo basta? No. Se un fenomeno ne precede un altro, questo non significa che essi siano legati da un meccanismo di causa/effetto.
Facciamo un esempio: sale al governo il partito di Matthew Salvine. Poco dopo, viene scoperto un gigantesco fondo petrolifero per un colpo di fortuna di un pescatore in un’area remota del paese. Questo significa forse che sia stata la salita al potere del nostro Matthew a causare i miliardi che arriveranno da quel petrolio? Sicuramente Matthew Salvine vi darà di sì. Ma non è così: ecco un ragionamento basato sul post hoc ergo propter hoc; che è quindi fallace.
Riassunto: se un evento ne precede un altro, questo non significa che essi siano necessariamente legati da un meccanismo di causa ed effetto.
Ora facciamo un esempio reale di cosa significhi usare questi trucchetti in politica.
A partire dal 2013 un numero gigantesco di migranti iniziò a muoversi verso l’Europa. In particolare, i paesi che si affacciano sul Mediterraneo furono particolarmente coinvolti: ingenti ondate migratorie provenienti dall’Africa si diressero verso le coste italiane, greche e spagnole. Gli effetti di questi grandi spostamenti di persone furono innumerevoli: insicurezza, paura, xenofobia. Inoltre, l’opportunismo politico portò i partiti a sfruttare frequentemente i timori delle persone per accumulare consenso.
Tra tutti gli artifici retorici utilizzati per concentrare l’intera attenzione mediatica sul fenomeno migratorio, uno mi ha sempre colpito particolarmente per il suo subdolo intento manipolatore, mascherato da volontà patriottica. Si iniziò a parlare di un indefinito pull factor (letteralmente: fattore d’attrazione) per accusare le ONG (le organizzazioni non governative) di attrarre le migrazioni. Il ragionamento era il seguente:
le ONG salvano i migranti in mare e li portano sulle nostre coste.
Più ONG ci sono in mare, più migranti vengono salvati.
Conclusione: le ONG spingono i migranti a partire e favoriscono l’immigrazione clandestina.
Usiamo gli strumenti logici che abbiamo analizzato prima per valutare la validità di questo ragionamento. A primo occhio sembra sensato: infatti ebbe una forte influenza sull’opinione pubblica. Effettivamente è facile notare che siano le ONG a portare moltissimi migranti sulle nostre spiagge. I migranti quindi, vedendo le ONG in mare, dovrebbero pensare che la loro chance di traversata sia più semplice, e quindi partire in di più. Quindi sembrerebbe che il numero di ONG nel Mediterraneo causi un maggior numero di partenze.
Ora, come facciamo a scoprire se questo rapporto di causa/effetto sia vero? Andiamo a vedere i dati. La cosa è semplice: se il rapporto tra partenze e ONG in mare è direttamente proporzionale (all’aumentare dell’uno vi è un aumento dell’altro), allora il ragionamento funziona. Ma non è così. Non vi è alcuna causazione tra i due fenomeni. Quindi il ragionamento è fallace.
Come potete vedere, non basta che un’argomentazione appaia coerente e sensata perché lo sia. Spesso bastano pochi minuti di approfondimento e di riflessione critica per scovare il punto debole di questi ragionamenti.
Riflessione conclusa. È densa, lo so, ma sono poche nozioni teoriche che possono essere utili nella quotidianità. Come sempre, se volete scrivermi cosa pensate di queste considerazioni, basta rispondere a questa mail: sono sempre molto felice di ricevere vostri messaggi.
Ora: consigli.
Il Times ha fatto una cosa geniale: ha raccolto tutti gli insulti che Trump ha scritto su Twitter prima di essere bannato. Pensate siano tanti? No, sono molti di più.
Cartoni Morti è un canale YouTube di animazione. Da quando è nato ha ottenuto un successo enorme: il canale ha più di un milione di iscritti. I video sono di qualità altalenante, ma quello di questa settimana è davvero fatto da dio. Sui vaccini: è il video perfetto da mandare a tua zia no-vax perché fa anche morire dal ridere. Lascio qui anche Per chi ha dubbi sul vaccinarsi contro il coronavirus del Post.
Get Out è un film horror uscito pochi anni fa. In realtà è anche una commedia. Non so, fa un po’ storia a sé: guardatelo e capirete. Ha ricevuto molta attenzione mediatica perché è uno dei pochissimi horror nella storia del cinema ad avere ricevuto quattro candidature agli Oscar. Parla di razzismo, ma lo fa in una maniera unica.
Più ci allontaniamo dal 6 gennaio, più dettagli vengono fuori riguardo all’assalto di Capitol Hill. Il New Yorker ha pubblicato il video racconto di quei momenti folli registrato da un giornalista che si era infiltrato all’interno della protesta. E il Washington Post ha pubblicato un video in cui, attraverso lo studio delle planimetrie del Congresso, mostra quanto i manifestanti siano andati vicino ad incontrare i parlamentari. Chissà cosa sarebbe successo.
La storia del dissidente russo Aleksej Navalnyj sta facendo il giro del mondo. Dopo essere stato avvelenato alcuni mesi fa dai servizi segreti russi, come Bellingcat ha dimostrato, ha deciso di tornare in madre patria. Dove è stato immediatamente arrestato. Se volete capirci qualcosa, vi consiglio questo video di Liberi Oltre.
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Il deserto dei tartari, di Dino Buzzati.
Quanto è pericolosa l’abitudine? Il deserto dei tartari risponde magistralmente a questa domanda. Buzzati racconta di un soldato che vive nell’attesa di un nemico che non arriverà mai. Giovanni Drogo aspetta una mano che dall’alto sconvolga il suo destino, una mano che confermi il suo sentirsi un predestinato. Ma quella mano non arriva. Il romanzo è incredibilmente bello, ha alcune pagine che a mio parere entrano di diritto nella storia della letteratura di tutti i tempi. Il finale, invece, mi ha lasciato abbastanza perplesso. Se lo avete già letto, o se lo leggerete, sarei molto felice di discuterne.
Stranieri alle porte, di Zygmunt Bauman.
Bauman è stato uno dei più importanti intellettuali degli ultimi decenni, in particolare in ambito sociologico. Molti suoi testi non sono facilmente accessibili, ma questo lo è: breve e diretto, in Stranieri alle porte analizza la strumentalizzazione politica della figura dello straniero, e come essa ricordi nei popoli ospitanti la fragilità del proprio benessere.
Super consigliato.
E anche oggi abbiamo finito. Grazie di avermi letto fin qui. Vi ricordo che su Medium ci sono altri miei scritti, e qui invece si possono recuperare i numeri che vi sono sfuggiti.
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Ci sentiamo domenica prossima,
Daniele
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