Autarkeia è una newsletter settimanale di riflessioni e consigli che esce ogni domenica mattina, per iscriverti clicca qui. Puoi leggere qui i numeri precedenti e qui il manifesto del progetto, mentre questi sono i miei profili Instagram, Linkedin e Twitter.
A S.
Eccomi qui: da questa settimana siamo in più di 500! Per un progetto partito da uno zero assoluto pochi mesi fa, è un risultato che mi rende molto fiero e felice. Scrivere Autarkeia è un piacere, ma anche un grosso lavoro e una responsabilità. Per questo, ho deciso di aprire una pagina su Ko-fi: è un sito super-sicuro e affidabile che supporta persone come me, che lavorano gratuitamente per fornire contenuti di qualità alle persone. Attraverso la mia pagina su Ko-fi, puoi offrirmi un caffè! É una piccola somma, che fa la differenza. Grazie di cuore a chi lo farà.
E ora veniamo a noi. Oggi proviamo a ragionare sul valore del dubitare, sia in un senso teorico che in un senso pratico. Cosa succederebbe se portassimo fino in fondo il dubbio complottistico? Fino alle sue logiche (e apocalittiche) conseguenze? Dove ci ritroveremmo?
Come mi piace fare, inizieremo parlando di problemi generali e teorici, per poi osservarne i risvolti concreti nel mondo contemporaneo.
Iniziamo.
“Così, riflettendoci con più attenzione, tanto chiaramente mi rendo conto che non è mai possibile distinguere con criteri certi la veglia dal sogno, da rimanerne stordito; e proprio questo stupore mi porta quasi a credere di star sognando anche ora.”
René Descartes
E se al posto che corpi in un mondo materiale fossimo tutti cervelli in una vasca su Alpha Centauri, stimolati elettro-chimicamente da un gruppo di geniali psicologi alieni che inducono in noi la percezione di un mondo esterno che, tuttavia, non esiste? Esisterebbe complotto più grande di questo? Probabilmente no: ogni nostra certezza crollerebbe davanti al fatto che ogni vita non è che un’illusione, un’insensata costruzione mentale.
Questo scenario, che a un primo sguardo sembra solo un delirio di un pazzo, da molti non è stato preso così alla leggera. Filosofi di ogni angolo del mondo hanno provato con la logica e l’epistemologia (la riflessione sulla conoscenza) a dimostrare ciò che sembra ovvio: cioè che no, non siamo cervelli in una vasca. Ad avere proposto per primo nel 1981 in maniera rigorosa questo esperimento mentale, riprendendo un breve racconto di Daniel Dennett, è stato Hilary Putnam, matematico e filosofo americano morto nel 2016. Ciò che è incredibile è che, nonostante i moltissimi tentativi di alcuni tra i più grandi cervelli (per rimanere in tema) del mondo, ancora oggi non siamo riusciti a formulare una confutazione soddisfacente di questi scenari scettici (cioè contesti possibili che mettono in difficoltà la nostra pretesa di conoscenza), per dimostrarne l’infondatezza e l’inconsistenza.
Insomma: la possibilità che io sia un cervello in un liquido vischioso, attaccato a degli elettrostimolatori, è ancora logicamente sostenibile.
Dopo aver constatato questo, facciamo un passo indietro.
Per comprendere il discorso che faremo, dobbiamo parlare di scetticismo. La parola deriva dal greco sképsis, che letteralmente significa ricerca/dubbio. In generale, la parola indica l’atteggiamento di chi nega ogni possibilità di conoscere il vero. Per lo scettico, ogni cosa è incerta: il mondo non è conoscibile nella sua vera natura. Soprattutto nell’antichità, vi furono molti pensatori che si definivano scettici e che volevano attuare nella vita di tutti i giorni queste convinzioni.
Arrivavano quindi all’afasia. Probabilmente avrete già sentito questa parola, intesa come condizione medica: con essa si indica l’impossibilità di esprimersi mediante parole o scrittura. Tuttavia, il significato della parola trae la sua origine e deriva proprio dagli scettici antichi: il filosofo, sostenendo che tutto fosse incerto e non potendo dare il suo assenso a una qualsiasi conoscenza, doveva necessariamente sospendere il proprio giudizio nei confronti del mondo; e quindi tacere di esso, senza esprimere opinioni definitive sulle cose. Giungere all’afasia, appunto. In questo modo, il sapiente giungeva nella sua vita pratica a una sorta di imperturbabilità, una tranquillità dell’animo che sorge dalla liberazione dai giudizi e dalle passioni. Per lo scettico antico, l’impossibilità di conoscere si risolve in una felice indifferenza dalle cose.
La radicalità degli scettici è stata sin da subito giudicata come eccessiva. Sono molte le critiche che sono state sollevate verso queste idee durante la storia: la prima, e forse la più definitiva, attacca lo scettico nel suo affermare che non sia raggiungibile alcuna verità. Nel momento in cui lo scettico afferma questo infatti, egli si sta contraddicendo da solo. Poiché, pretendendo di definire il vero come qualcosa di irraggiungibile, sta proponendo una verità, che, tuttavia, ha già descritto come impossibile da affermare. Per questo motivo, molti hanno considerato lo scetticismo come un pensiero che si autoelimina, un pensiero che dopo aver distrutto le altre teorie, distrugge se stesso.
In più, dal punto di vista pratico, sospendere il giudizio e rifiutare il consenso a qualsiasi opinione non può che condurre all’inazione, a un immobilismo totale che impedisce di vivere. Per essere coerente fino in fondo, lo scettico dovrebbe autoeliminare non solo le sue teorie, ma anche se stesso.
Nonostante queste forti critiche, il dubbio scettico è da sempre una costante sfida alla conoscenza umana. Nella storia del pensiero occidentale, alcuni hanno considerato il dubbio come il più potente motore della filosofia. E questo perché, se da un lato le posizioni scettiche appaiono insostenibili, dall’altro le insicurezze che esse creano stimolano la costruzione di una difesa dalle insidie del dubbio.
La potenza dello scetticismo non sta nella sua parte costruttiva, ma in quella distruttiva. Ed è per questo che la sfida che lo scettico porta con sé può essere utilizzata in maniera positiva, come incentivo alla riflessione: lo scettico costringe all’autoanalisi, alla messa in discussione delle proprie credenze. Ci costringe a chiederci: cosa, di quello che ingenuamente riteniamo vero, è veramente vero?
E ora, ritorniamo al discorso iniziale.
Ancora oggi lo scetticismo è un tema molto discusso. Ciononostante raramente i filosofi contemporanei si definiscono scettici: e abbiamo già visto il perché, non è una posizione sostenibile. Tuttavia, se vogliamo trovare una forma, seppure grossolana, di esseri umani scettici che fanno del dubbio radicale la loro guida di vita ancora oggi, possiamo incontrarli nell’affascinante mondo dei complotti.
Molte persone, soprattutto a causa dei social network, dei meccanismi algoritmici e delle echo-chamber, sono entrate in un vortice digitale di auto-conferma delle proprie opinioni che li ha portati a una radicalizzazione dei loro dubbi, fino alla convinzione che molte delle credenze diffuse nei propri concittadini siano false. A differenza di come spesso si fa, vorrei provare a prendere questo dubbio complottistico sul serio, seguendone con coerenza il ragionamento. Ciò che voglio mostrare sono le conseguenze a cui razionalmente il dubbio complottistico, se seguito fino in fondo, conduce: vedrete che, proprio come per gli antichi scettici radicali, quelle conseguenze sono talmente assurde da costringerci a rigettarle (secondo un meccanismo che, in logica, si chiama appunto reductio ad absurdum).
Prendiamo come esempio il dubbio complottistico dei no-vax. Il no-vax sostiene che le grandi aziende farmaceutiche siano mosse da interessi nascosti, non conosciuti al grande pubblico. Per questo motivo, vaccinarsi non è una scelta a cui può essere dato il proprio consenso. In più, ritiene che la comunità scientifica sostenga anch’essa “Big Pharma”, e che, mentre cerca di confondere le persone attraverso il suo linguaggio incomprensibile, sia in realtà mossa da interessi nascosti. Infine, ascoltando i media tradizionali, il no-vax si convince che anch’essi non possano essere affidabili, dato che sostengono le opinioni degli scienziati e delle case farmaceutiche.
Seguendo la logica, vediamo dove conducono queste convinzioni:
Non posso fidarmi dei farmaci, poiché, nella quasi totalità dei casi, vengono ideati e brevettati da scienziati, e prodotti dalle case farmaceutiche.
Non posso fidarmi della tecnologia, perché è proprio a partire dalle tesi e dai modelli scientifici che gli ingegneri costruiscono qualsiasi cosa.
Non posso fidarmi di nessun media, perchè, se non mi fido dei media tradizionali, perché dovrei fidarmi di altre fonti di informazione ancora meno autorevoli?
Ora seguiamo un no-vax, chiamiamolo Giorgio, che dopo aver dedotto le conseguenze logiche delle sue convinzioni, esce e ricomincia la sua vita.
Giorgio va a lavoro. Accende la macchina e… non può usare la macchina. Ogni componente della macchina è stata costruita basandosi sugli studi della comunità scientifica. Decide allora di prendere il bus… eh, ma non può fare nemmeno quello. Vabbè, Giorgio decide di andare a piedi, anche se arriverà in ritardo. Controlla l’orario sul cellulare: dovrebbe fare in tempo. Ma… aspetta: e se l’orario del cellulare fosse sbagliato? Se non mi fido del telegiornale, perché dovrei fidarmi di chi ha costruito il mio cellulare? Inizia a contare i secondi, così da sapere a che ora arriverà a lavoro. Finalmente ce la fa. Si siede e accende il comp… Lo rispegne. Si guarda attorno: ha un mal di pancia tremendo, per fortuna che il medico gli ha prescritto delle pastiglie. Ne prende una dallo zaino e la dissolve in un bicchiere d’acqua. Mentre la beve però… la sputa! Come ha potuto fidarsi del suo medico? E quelle medicine? Hanno un nome incomprensibile e una volta nel bugiardino aveva letto che tra i rischi c’era anche l’impotenza erettile. Va nel panico: come aveva potuto capirlo solo adesso? E ora che ci pensa: chissà qual è il vero intento del suo capo? Giorgio lavora per una fabbrica che fa packaging per farmaci. Per farmaci: e chi li fa i farmaci? Le case farmaceutiche. E chi li inventa? La comunità scientifica. Non può andare avanti. Giorgio va nell’ufficio del suo capo e si licenzia.
Non penso sia necessario andare avanti. Proprio come lo scettico antico, il complottista, nel momento in cui decide di seguire fino in fondo le sue convinzioni, giunge a un immobilismo totale. Non può più fare nulla, rimane bloccato: tutto è incerto, deve sospendere il suo giudizio.
L’assurdità di queste conseguenze non può che condurci a rifiutare la tesi di partenza: la teoria no-vax conduce a una vita assurda e non perseguibile, che ci impedisce di accettare la tesi come vera e ci costringe a rigettarla.
Questo significa che dobbiamo accettare qualsiasi notizia, qualsiasi tesi scientifica e ingerire qualsiasi farmaco che ci viene propinato? Assolutamente no. Proprio come per lo scetticismo in generale, anche il dubbio complottistico porta con sé delle sfide. Mi posso fidare della scienza? Come posso definire la realtà dei fatti? In quali fonti posso riporre la mia fiducia?
Queste, ovviamente, non sono domande semplici. L’unica cosa che si può fare è usare il buon senso. A meno che le cose non le vediamo coi nostri occhi (che possono anch’essi ingannarci in realtà) non avremo mai la certezza di come sono avvenuti determinati fatti, per cui dobbiamo fidarci di qualcun altro; nessuna fonte di informazione è infallibile, ma è facile capire l’onestà di chi sto leggendo, confrontandola con altre fonti. In ultimo, se non siamo scienziati, le argomentazioni degli accademici ci appariranno ogni volta incomprensibili: e in quel caso l’autorevolezza di chi parla si rivelerà fondamentale per riuscire a scegliere di volta in volta dove riporre la nostra fiducia.
Come ora emerge, non è possibile vivere senza fidarsi degli altri: l’unica cosa che possiamo fare è ragionare secondo probabilità e razionalità. E a quel punto, i dubbi di Giorgio si dissolveranno.
E la riflessione finisce qui. Se l’hai apprezzata e pensi possa interessare anche altre persone, condividila!
E ora, i consigli della settimana.
Per prima cosa, faccio del meta-newsletter: vi consiglio Appunti, una newsletter mensile sul femminismo, sulle questioni sociali e sulle disuguaglianze. Le ragazze che la gestiscono sono molto competenti e scrivono bene.
Un podcast: L’evoluzione umana, raccontata da Telmo Pievani, uno dei più importanti evoluzionisti italiani. Sono 10 puntate molto brevi in cui Pievani ripercorre tutta la storia del genere homo. Super-consigliato.
Platone provò a instaurare la sua Repubblica accordandosi con uno dei tiranni più crudeli del suo tempo, Heidegger fu un sostenitore di punta del nazismo, Gentile contribuì in maniera sostanziale alla costruzione dell’ideologia fascista. Ma che problema hanno i filosofi con la politica? Un articolo stupendo di Sergio Benvenuto, su Le parole e le cose.
Rimanendo nei temi di questa newsletter: da dove nasce il complottismo? Dall’antica Roma a QAnon, il complottismo presenta degli elementi ricorrenti: riconoscerli ci aiuta a capirlo e a combatterlo. Un gran pezzo di Tommaso Gaurienti per l’Indiscreto.
L’anno scorso Carlo Rovelli è venuto a Bologna, dove ha tenuto una conferenza per presentare il suo nuovo libro. Ascoltarla è molto piacevole, e penso possa aiutare a comprendere cosa significhi vedere il mondo con gli occhi di un fisico.
Se stai leggendo senza essere iscritto ad Autarkeia, clicca il bottone qui sotto e inserisci la tua mail per ricevere gratuitamente ogni settimana numeri come questo:
Come sempre, ecco i libri.
Ti è piaciuto questo numero? Dietro ci sono io, Daniele. Studio filosofia a Bologna e gestisco interamente da solo il progetto. Vorresti supportare Autarkeia e valorizzare le decine di ore settimanali che stanno dietro a ogni numero? Puoi offrirmi un caffé! Oppure, se preferisci, puoi regalarmi un libro! Sceglilo dall’Autarkeia Wishlist. Infine, puoi comprare qualcosa da questo link generico, o acquistare direttamente dai link della newsletter i libri consigliati; io riceverò qualche spicciolo sul prezzo di copertina.
Cent’anni di solitudine, di Gabriel Garcia Marquez
Questo romanzo ha fatto scuola: è il capolavoro del realismo magico. Non è un libro facile: Macondo è un labirinto spazio-temporale in cui è facile perdersi. Ma quando si riesce a entrare in quell’atmosfera è un’esperienza unica. Il libro segue una famiglia nel susseguirsi delle sue generazioni, ma lo fa in un modo tutto suo. Garcia Marquez è un gigante: ha vinto il Nobel per la Letteratura nel 1982.
Violenza e Islam è un libro particolare. Il testo riporta alcuni dialoghi tra Houria Abdelouahed, docente universitaria, e Adonis, uno tra i più importanti intellettuali e poeti del mondo arabo. Insieme i due riflettono in maniera lucida e razionale sull’Islam: quale sarà il futuro della religione musulmana, se il rapporto con l’Occidente rimarrà sempre questo, se l’Islam è condannato per sempre alla guerra interna ed esterna.
Si tratta di un libro che apre gli occhi: ti mostra l’Islam dall’interno.
E anche questa settimana abbiamo finito. Per qualsiasi cosa, scrivetemi rispondendo direttamente a questa mail. Grazie alle centinaia di persone che ogni settimana leggono Autarkeia: era tutto tranne che scontato.
Ci sentiamo domenica,
Daniele
Autarkeia è una newsletter settimanale di riflessioni e consigli che esce ogni domenica mattina, per iscriverti clicca qui. Il progetto è totalmente gratuito, quindi vive del supporto della community: aiutami a fare conoscere Autarkeia. Se apprezzi questo appuntamento settimanale, condividilo, consiglialo, parlane con amici e parenti.
Hai bisogno di contattarmi? Rispondi direttamente a questa mail.