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Eccoci qui.
Oggi è necessaria una premessa: le mie riflessioni sono tendenzialmente costruite sulle spalle di giganti. Sebbene esse abbiano sempre degli spunti che vorrebbero essere originali, le basi su cui le costruisco sono solidamente legate ad autori che, in un certo senso, le legittimano. Il numero di oggi ha un respiro più ampio: il pezzo che leggerete ha basi meno solide del solito, in quanto non si fonda su pensieri autorevoli, ma esclusivamente sui miei. Ne consegue che, anche se ogni opinione può essere messa in discussione mediante argomenti razionali, la riflessione di oggi è discutibile e criticabile ancora di più del solito. L’invito al confronto, come potete vedere, è sempre aperto.
Cominciamo.
“Non continua a farsi notte e sempre più notte? Non si devono accendere lanterne alla mattina?”
Friedrich Nietzsche
Tendenzialmente, come mostra questo bel grafico, l’importanza della religione nella vita del singolo individuo è inversamente proporzionale al PIL pro capite di una nazione: al diminuire dell’uno, aumenta l’altro e viceversa. Tuttavia, poco meno di un anno fa, su Foreign Affairs uscì un articolo scritto da un importante politologo statunitense, Ronald Inglehart, che, dati alla mano, mostrava come negli ultimi 15 anni il declino delle religioni si fosse significativamente accentuato, estendendosi a livello globale anche ai paesi in via di sviluppo.
Per il nostro discorso sarebbe molto utile poter consultare anche dati meno recenti che, per ovvi motivi, sono difficilmente reperibili. Nondimeno, possiamo ragionare. Allontanando il nostro sguardo e ponendoci in una prospettiva storica più ampia, ciò che vediamo, oltre a questa accelerazione recente, è un trend più profondo. La secolarizzazione sempre più diffusa degli apparati statali, la laicizzazione della morale comune e la crescente diffusione di opinioni progressiste contrarie ai dogmi religiosi (come la legalizzazione dell’aborto e dei matrimoni omosessuali) sembrano essere manifestazioni di una tendenza che, anche se non possiamo misurare coi dati, sembra essere sotto gli occhi di tutti.
Inoltre, ciò che posso aggiungere a queste note logico-empiriche sono le evidenze personali. Tra i miei coetanei i credenti ortodossi, intesi letteralmente come coloro che accettano integralmente determinate dottrine religiose come il cattolicesimo di tradizione, sono l’eccezione, non la regola. Per quanto sia sbagliato allargare induttivamente la propria percezione individuale al generale, i dati e le riflessioni citate sopra sembrano legittimare questa impressione, cioè che sia in atto un lento declino delle religioni umane.
Mutamenti di questa portata non hanno mai una causa, ma tante concause: sono fenomeni complessi, non semplici, e questo va sempre tenuto a mente. Tuttavia, credo che ci sia una motivazione profonda più importante delle altre sottintesa a questa tendenza: un cambiamento nel nostro modo di interpretare il mondo che si è radicato sempre di più nel senso comune fino a stravolgerlo. Per dirla metaforicamente, Dio oggi è gravemente ferito e la ferita più grave, da cui non si è mai del tutto ripreso, gli è stata inflitta nel 1859.
La religione si fonda su un senso di stupore, sia in senso positivo (meraviglia) che in senso negativo (paura). Il mondo è dominato da forze che sembrano volerci annullare, talmente potenti da farci sentire inermi. La natura è inconcepibilmente variopinta, complessa e pulsante: osservare gli altri esseri viventi muoversi nel mondo e fare cose straordinarie non può che lasciarci sbigottiti. Basti pensare al livello di cooperazione presente in un formicaio, agli ingegnosi metodi di caccia delle iene, ai colori sgargianti dei fiori per attirare gli insetti impollinatori, al ciclo naturale degli alberi che sembra inseguire consapevolmente le stagioni. Nel momento in cui si riflette su questa tendenza generale di ciò che è vivo a muoversi esattamente in direzione di un fine senza una coscienza razionalmente complessa, ci si rende conto che forse non vi è fenomeno naturale più difficile di questo da comprendere senza un Dio. E che quindi credere in Dio è la mossa più scontata.
L’idea è che ciò che è vivo si muova in vista di un fine (in filosofia diciamo teleologicamente) perché creato da un’entità onnipotente che muove provvidenzialmente il mondo. Del resto, come potrebbe essere altrimenti? Come può un ragno più piccolo di un’unghia tessere un’intricata e artistica trappola secernendo sottilissimi fili per catturare le prede? Come può un banco di pesci di decine di migliaia di individui muoversi in perfetta sincronia come se fosse un’unica entità? Come può una pianta sviluppare una sorta di bocca colorata e appiccicosa con cui divorare piccoli insetti?
La natura vivente, per dirla kantianamente, è “infinitamente molteplice”. E questa infinita molteplicità, che dà segni di straordinaria razionalità, sembra impossibile da spiegare senza un Dio. A ciò si aggiungono le apparenti evidenze empiriche. Gli esseri viventi nascono, crescono e muoiono rimanendo uguali a se stessi e generando proli identiche a loro. Questa banale osservazione ha motivato un dogma che rimase integro e inattaccabile fino al XIX secolo: il cosiddetto “fissismo delle specie”. Si era convinti, con ottime ragioni, che le specie fossero rigorosamente identiche a sé stesse, non trasformabili in specie diverse, e dunque, in questo senso, immutabili, fisse nella forma in cui erano state create.
Ma poi arrivò il 1859.
Quando “L’origine delle specie” di Charles Darwin fu pubblicata, il libro suscitò sin da subito grande interesse. Le 1250 copie stampate furono esaurite il giorno stesso dell’uscita del libro. Nemmeno i più grandi estimatori di Darwin, però, avrebbero potuto immaginare cosa quel libro avrebbe causato dopo. La teoria dell’evoluzione è stato uno dei più rivoluzionari modelli scientifici mai formulati. Essa distrugge il dogma dell’immutabilità degli esseri viventi: secondo Darwin le specie si trasformano, e questa trasformazione è dovuta alla maggiore o minore capacità di adattarsi all’ambiente. Nella lotta per l’esistenza sopravvivono gli individui più compatibili con l’ecosistema, i quali trasmettono alla loro discendenza i caratteri che han consentito loro di rimanere in vita fino alla riproduzione. In questo modo si eliminano i caratteri soccombenti (chi muore prima di riprodursi non trasmette le sue caratteristiche), e si determina una lenta trasformazione della specie mediante la selezione naturale. Questi caratteri vincenti sorgono casualmente all’interno delle specie e, se portano qualche vantaggio in termini di sopravvivenza, vengono conservati e si diffondono. A riguardo vi riporto un bellissimo passo di Telmo Pievani, uno dei più importanti evoluzionisti italiani:
La selezione naturale è il filtro che si ciba del caso, facendo evolvere le popolazioni d’organismi. Il suo combustibile sono le leggere imperfezioni innovative, gli scarti dalla media, le disobbedienze generazionali che ogni individuo reca con sé alla nascita.
La teoria dell’evoluzione è rivoluzionaria perché fornisce una spiegazione scientifico-razionale all’infinita molteplicità che abbiamo visto poco fa, e lo fa con fortissime evidenze empiriche (che sono numericamente cresciute moltissimo di anno in anno). L’enigma della natura vivente con i suoi inconcepibili e complessi meccanismi trova una risposta differente rispetto a quella teologica: e in questa risposta non vi è spazio per alcun Dio. Come scrive Pievani, la selezione naturale si ciba del caso, della contingenza, della casualità. La mano divina che direziona gli esseri viventi viene sostituita da un’intricata successione intergenerazionale di trasmissione di caratteri adattivi.
Qual è il problema? Che la teoria dell’evoluzione funziona dannatamente bene nello spiegare il mondo. E anche per questo si è radicata con forza nel senso comune: non c’è persona nel 2021 che non sappia a grandi linee che cosa l’evoluzione sia. Ne consegue che oggi, quando ci si ritrova davanti a un incredibile spettacolo naturale, la meraviglia c’è sì ancora, ma tende a fondarsi su qualcos’altro. E quel qualcos’altro è totalmente immanente, non orientato verso alcun fine superiore e non divinamente teleologico. Ed è questo il colpo più doloroso che la teoria evolutiva ha inflitto a Dio.
Per quanto vi siano filosofi e teologi che tentano una riconciliazione razionale tra creazionismo e evoluzionismo, la missione pare, per ora, impossibile da realizzare in maniera soddisfacente. Sembra che evoluzione e religione monoteista siano mutualmente esclusive: o si dà l’una, o si dà l’altra. Per questo la ferita che Darwin ha inflitto a Dio non so se si rimarginerà mai.
Tuttavia, la fede è una questione personale, che va oltre le argomentazioni logico-razionali. Quello che abbiamo provato a fare è stato riflettere su una tendenza generale che eccede i casi particolari. In nessun modo si vuole mancare di rispetto a chi crede: solo provare a osservare trasformazioni socio-esistenziali per tentare di comprenderne le motivazioni profonde.
Come abbiamo già detto, questo ragionamento non può essere interpretato come l’unica causa che sta portando a un declino globale delle religioni. Tuttavia, sembra essere uno dei punti centrali nascosti al di sotto di questa tendenza. La teoria dell’evoluzione si è interposta come una diga davanti a una delle fonti di stupore teologicamente più rilevanti all’interno del rapporto tra uomo e natura. E questo lo ha fatto erigendo un modello rigoroso che risponde a molte delle domande più antiche dell’essere umano. E questo non può non essere preso in considerazione.
La riflessione è conclusa. Come potete notare, il titolo è ovviamente provocatorio e non deve essere preso nella maniera sbagliata. É un modo di catturare l’attenzione (riprendendo un celebre passo filosofico di cui dirò dopo) per condurre le persone dentro a dei pensieri che penso possano stimolare e lasciare qualcosa in chi li legge.
I consigli di questa settimana sono tutte letture:
Lucy Foulkes è un’importante psicologa dell’University College di Londra. Ha scritto su Aeon una sorta di guida, basata su dati empirici, sugli approcci e i modi di fare più adatti ad avere conversazioni con gli altri maggiormente significative e rilevanti. “The heart of good conversation is reciprocity”, scrive Foulkes. Uno degli aspetti fondamentali per migliorare la qualità delle nostre conversazioni è l’attenzione all’altro. La maggior parte delle volte in cui discutiamo con qualcuno ascoltiamo per rispondere, non per comprendere ciò che il nostro interlocutore sta dicendo. Cambiare questa attitudine è già un ottimo primo passo.
Andrea Colamedici è un filosofo italiano, famoso per avere fondato insieme a Maura Gancitano Tlon, una casa editrice indipendente molto attiva in ambito filosofico e psicologico. Colamedici ha scritto un bel pezzo su L’Indiscreto riguardo la crisi degli intellettuali e il loro ruolo nella società del XXI secolo. Attraversando il pensiero di molti autori contemporanei, Colamedici parla in maniera efficace di conflitto, ragion cinica e realismo capitalista.
Sul New Yorker è uscito qualche giorno fa un pezzo molto divertente. “Come saranno i nuovi Ruggenti Anni ‘20?” É un articolo ironico che immagina l’esplosione di libertà e il delirio post-pandemico una volta che saranno finalmente tolte globalmente le restrizioni.
In the New Roaring Twenties, sexual freedom and safe sex will peacefully coexist. Prior to sexual congress, people will ask, “What kind of protection do you have—Pfizer, Moderna, or Johnson & Johnson?”
“La notte come luogo dell’incontro casuale, apertura di palpebra selvatica urbana, possibilità di accensione, di rivolta, via di fuga e via di ritrovo, è stata così radicalmente strappata dalla trama delle nostre occasioni che sembra impensabile tornare ad assaggiarla”. Vi consiglio una bellissima riflessione pubblicata su Rivista Studio che parla degli effetti della scomparsa della vita notturna nelle nostre vite a causa delle restrizioni.
La newsletter di oggi è la venticinquesima. Ci avviciniamo alla fine della prima stagione di Autarkeia. Prossima settimana vi dirò come penso di gestire il progetto in futuro. E ora, i libri.
Ti è piaciuto questo numero? Dietro ci sono io, Daniele. Studio filosofia a Bologna e gestisco interamente da solo il progetto. Autarkeia vive dell’apprezzamento della community. Vorresti supportare il progetto e valorizzare le decine di ore settimanali che stanno dietro a ogni numero? Ci sono due modi per farlo:
Puoi regalarmi un libro che userò per produrre nuovi contenuti: sceglilo cliccando qui sotto!
Infinite Jest, di David Foster Wallace
Prima o poi dovevo consigliarlo. Wallace è un personaggio controverso: c’è chi lo odia e c’è chi lo venera. Quello che posso dire io è che ha rivoluzionato il mio modo di scrivere e di guardare alla letteratura. “Infinite Jest” è un incredibile universo labirintico di 1300 pagine in cui si alternano ossessione, droghe, distopie tecnologiche e ricerca del sé. Non è un libro facile, bisogna entrare in un’atmosfera surreale che sorge da una scrittura molto sperimentale. Ma dentro ci sono pagine di letteratura straordinaria.
La gaia scienza, di Friedrich Nietzsche
Il cantore della cosiddetta “morte di Dio” è Nietzsche. “La gaia scienza” è uno suoi dei testi più commentati nel dibattito contemporaneo; il più celebre degli aforismi che lo compongono è il 125 ,“L’uomo folle”, da cui è presa la citazione all’inizio del numero di oggi. Questa bella edizione è curata da Carlo Gentili, uno dei maggiori esperti di Nietzsche in Italia, che insegna Estetica a Bologna e con cui ho dato un esame. All’inizio del volume vi è un lungo saggio introduttivo molto utile per i non addetti ai lavori.
E anche questa settimana abbiamo finito. Se il numero di oggi ti è piaciuto, condividilo! Inoltra questa mail a chiunque pensi possa essere interessato.
Buona settimana e ci sentiamo domenica prossima,
Daniele
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Oggi, a meno di fare una lettura fondamentalista dei testi sacri, evoluzionismo e religione non sono in contrasto. Penso sia piuttosto difficile trovare, ad esempio, un cattolico in Italia, anche integralmente aderente alla dottrina della Chiesa, che sia creazionista.
Penso piuttosto che il declino delle religioni sia una conseguenza dell'illusione del controllo a cui ci ha portato il dominio della tecnica.
Ritengo infine che le religioni non sono di fronte ad un declino definitivo. Mi aspetto una forte rinascita tra un po' di tempo (difficile dire quanto).