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Eccoci qui. Oggi parliamo di un social network relativamente nuovo che mi sta colpendo molto, e di come esso possa non solo non nuocere, ma giovare a chi ne fa uso. Con il numero di oggi siamo all’undicesima newsletter della terza stagione, in cui finalmente sono riuscito a pubblicare con continuità e costanza e la cosa mi rende fiero.
Sicuramente questa stagione continuerà almeno fino ad Aprile, poi vedrò. Se volete supportare Autarkeia, oltre a diffonderla nei canali che vi sono possibili, ci sono Ko-Fi e la wishlist. Dateci un’occhiata!
Cominciamo.
La riflessione di oggi si fonda su alcune assunzioni che, come tali, verrano accettate come vere. Come dico spesso, questo non significa che esse non possano venire attaccate, ma che esse verrano, appunto, assunte come vere nelle argomentazioni successive.
La prima è un’idea rispetto al concetto di intelligenza: sebbene sia difficilissimo definire che cosa l’intelligenza sia, sono fortemente convinto che una delle sue componenti fondamentali sia costitutita dalla capacità empatica. Più uno è abile a empatizzare con gli altri in senso ampio (quindi non solo con chi gli sta attorno, ma anche con, per esempio, gli esseri umani del passato e del futuro) più è, almeno in questo senso, intelligente.
Da questo consegue che, nella mia visione, gli strumenti che permettono di affinare le tue capacità empatiche sono stimoli che accrescono le tue abilità intellettuali.
L’altra assunzione è più di metodo: ed è l’idea che sia oggi insensato parlare di social network in generale, poiché l’offerta di queste app è talmente varia e numerosa che non ha senso proporre considerazioni generali che li trattano come un blocco unico, compatto e omogeneo. Sebbene, come si direbbe in filosofia contemporanea, essi possiedano delle “somiglianze di famiglia”, ciò che serve di più in questo momento secondo me è un’analisi puntuale dei singoli social, cosicché si possa fare di essi un uso più consapevole e sicuro.
Per questo oggi analizzeremo due singoli social, e non parleremo di social in generale. Ora, tenendo queste cose a mente, entriamo nella riflessione vera e propria. I nostri due case studies saranno Instagram e BeReal.
La prima cosa che ho fatto nel preparare questo numero è stata andare a vedere come queste piattaforme presentano se stesse. E già solo da questo penso si notino cose interessanti. Partiamo analizzando Instagram. La app si presenta in questo modo (le traduzioni dall’inglese sono mie):
Un modo semplice, divertente e creativo di salvare, modificare e condividere foto, video e messaggi con amici e famiglia.
Il messaggio è molto neutro, apolitico e apparentemente innocuo. L’idea alla base è di un luogo di condivisione di foto e video con “amici e famiglia”.
Ma sappiamo tutti che non è così. I followers (chi segui tu) e i following (chi ti segue) non si limitano minimamente ai due insiemi “amici” e “famiglia”: moltissimi sono ad essi esterni (es: influencers, personaggi celebri, o semplici conoscenti).
Inoltre, bisogna poi chiedersi concretamente quali siano i contenuti (foto e video) che vengono pubblicati dagli utenti. Su Instagram i criteri che agiscono sulla selezione di foto e video da pubblicare sono relativamente rigidi. Ovvio che ci sono eccezioni, ma tendenzialmente sul proprio profilo le persone cercano sempre di presentarsi all’esterno in quello che credono il miglior modo possibile (la propria estetica, la propria carriera, i propri successi, la propria salute mentale).
Il profilo Instagram diventa una sorta di vetrina in cui si propone una supposta versione migliore di se stessi. É banale dire che questa versione è distorta e parzialmente finta.
In sintesi: da un lato, ciò che proponi di te su Instagram raggiunge molte persone con cui non hai la confidenza per mostrarti in maniera sincera, dall’altro per le dinamiche interne alla piattaforma sei portato a pubblicare solo ciò che passa per un rigido filtro.
Lascio che voi ne traiate le conseguenze. Dico solo che sicuramente Instagram non ti rende né migliore, né più felice, né tantomeno più intelligente. Anzi, vi sono più studi che mostrano gli impatti negativi di IG sulla salute mentale.
Insomma: penso che la mia opinione sia abbastanza palese. Ho preso Instagram come esempio negativo di piattaforma social. Mentre ora proporrò un’analisi di valore opposto: BeReal.
Innanzitutto: che cos'è BeReal? Con le loro parole:
I tuoi amici per davvero [for Real].
Ogni giorno in momenti diversi, tutti ricevono una notifica simultaneamente per scattare e condividere una foto in 2 minuti. Un nuovo e unico modo per scoprire chi sono davvero i tuoi amici nella loro quotidianità.
L’app funziona così: ogni giorno tutti ricevono una notifica nello stesso momento e hanno due minuti per postare una foto di se stessi (sia con la fotocamera interna che con quella esterna) per mostrarsi e mostrare quello che stanno facendo in quel momento. Inoltre, non si possono mettere filtri grafici o ritoccare le foto.
Assumerò che le persone che fanno uso di BeReal lo usino in questo modo, anche perché, nella mia esperienza personale del social, è proprio quello che accade.
Questo meccanismo (unito ai messaggi che l’app manda agli utenti che spronano ad accettare solo vere amicizie) favorisce una forte selezione del proprio gruppo di amici sul social - e infatti su BeReal davvero ci si limita agli amici e famiglia. Si accende così un circolo virtuso che incentiva un utilizzo sincero della piattaforma: le persone che vedono i tuoi singoli post quotidiani sono persone con cui hai abbastanza confidenza da poterti mostrare senza filtri e senza alcun intento di autopromozione.
Ed è così che, a differenza di Instagram, BeReal non incentiva la vetrina. Il processo tossico di idealizzazione costante che avviene quotidianamente su Instagram è bloccato. Non c’è alcuna ruota di pavone da fare, non c’è alcuna vita gloriosa da ostentare.
Quella selezione di plastica che si fa su Instagram, postando solo ciò che vogliamo far vedere, è aliena alla piattaforma. La quotidianità degli utenti viene mostrata nella sua genuinità, nei suoi piccoli gesti, nei suoi doveri, nella sua noia.
Ed è qui che si innesta l’idea che BeReal favorisca lo sviluppo di capacità empatiche (e che quindi “renda più intelligenti”, come conseguenza del primo assunto di questa riflessione citato all’inizio). Molto spesso dimentichiamo (o ci ricordiamo idealizzando) che le persone che conosciamo esistono e vivono le giornate parallelamente a noi, di 24 ore in 24 ore. Che esse continuano ad esistere anche quando non ce le abbiamo di fronte. E che sono costrette, come noi, a vivere la quotidianità in tutti i suoi aspetti, negativi e positivi.
E, se Instagram favorisce questa fallacia ricordandoci della vita degli altri solo nei suoi momenti di gloria, BeReal la contrasta. Vedere le foto dei propri amici, e avere la libertà di condividere le proprie senza filtri, ti ricorda degli altri, nel loro senso sincero. Permette di comprenderli meglio, di rispettare la loro quotidianità.
E allo stesso tempo ti aiuta. Ti mostra come sia normale annoiarsi, come nessuno abbia formule magiche per costruire velocemente giornate da sogno, e di come le giornate da sogno siano sempre in proporzione molte meno di quelle normali.
E BeReal favorisce tutto ciò.
E allora: se nel discorso pubblico si tende a parlare di social network come un monolite portatore di sventure, credo sia molto più utile scendere nei dettagli e andare a vedere quali siano le conseguenze specifiche che l’utilizzo quotidiano di questa o quella piattaforma hanno sugli utenti.
E mostrare così come questi possano, in alcuni casi, fare anche del bene.
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Sto lavorando come vi avevo detto ad alcune cose “onlife” (come va di moda dire) che spero si concretizzino presto. Seguitemi su Instagram se volete rimanere aggiornati, che lì tendenzialmente metto tutto.
Buon lavoro e buona settimana,
Daniele
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Ciao Daniele, mi cogli con le mani nel sacco! Pochi giorni fa ho sospeso il mio account instagram... Ne ero nauseato, sentivo il bisogno di darci un taglio. Incredibilmente (ma neanche tanto) vivo le mie giornate meglio. Non mi distraggo, quindi sono ;) Grazie!
p.s. Ora che mi hai messo la pulce di BeReal vedremo se mai lo scaricherò... Ma forse preferisco stare con i piedi completamente a terra in questo momento della mia vita. Dobbiamo imparare a gestire meglio la dopamina!