L'eterno problema del diventare adulti
Cosa significa crescere? La felicità viene prima o dopo la consapevolezza?
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Eccoci qui. Da un po’ di tempo non scrivevo un numero filosofico, quindi ho deciso di farlo oggi. Come ogni volta che si parla di filosofia, il discorso mi è un po’ sfuggito di mano perché mi appassiona troppo. Essendo il numero già abbastanza denso, non ho parlato di attualità. Recuperiamo prossima settimana, promesso.
Prima di cominciare, però, vi devo rivelare una cosa: ho bisogno di una mano. Se apprezzi quello che sto facendo, se ti stimola e trovi utile questo appuntamento settimanale, condividi i passi che ti colpiscono di più, suggerisci e inoltra Autarkeia ad amici e parenti! Insomma, se anche tu credi che abbia delle potenzialità, aiutami a far crescere il progetto.
In questo numero parliamo del rapporto tra crescita e felicità. Vi è più gioia nell’inconsapevolezza giovanile o nella disillusa maturità? La riflessione di oggi si colloca sulla stessa linea di “Sul lasciarsi trascinare dalla corrente”, forse il numero di Autarkeia a cui tengo di più. Cominciamo.
“Sono tre i principali generi di uomini: quello che ama il sapere, quello che ama la vittoria, quello che ama il guadagno.”
Platone
Il problema del rapporto tra felicità e invecchiamento è antico quanto l’uomo. L’uomo da sempre mentre invecchia sogna di rimanere giovane per sempre. Basti pensare alla leggendaria fonte della giovinezza. La più antica testimonianza che possediamo riguardo una magica sorgente la cui acqua ringiovanisce e permette di rimanere eternamente giovani è quella di Erodoto, il grande storico greco antico, che risale a più di 2000 anni fa. L’idea di una fonte dell’eterna giovinezza venne poi assorbita anche dalla cultura cristiana, che la collocò nel giardino dell’Eden. Ciò che è incredibile è che leggende molto simili a queste erano diffuse anche in Nord America e nei Caraibi: da pressoché tutta la sua storia l’umanità sogna e immagina la possibilità di non invecchiare.
È abbastanza facile capire il perché. Invecchiare significa perdere capacità fisiche e cognitive, avvicinandosi alla morte. Sembra ovvio, di conseguenza, sostenere che essere giovani significhi essere più felici. Tuttavia, molti pensatori hanno esposto tesi del tutto contrarie a questa. Aristotele sosteneva che la vera felicità consista nella contemplazione della verità, e che quindi essa sia raggiungibile solo nell’età adulta, quando la propria ragione è matura, autonoma ed è stata educata al vero. Inoltre, crescere tendenzialmente significa diventare maggiormente consapevoli, e vari filosofi hanno sostenuto che una vita nella consapevolezza, sia intellettuale che esistenziale, sia altamente preferibile ad un’eterna adolescenza che ignora come le cose stiano realmente attorno a sé.
Tra coloro che hanno sostenuto questa posizione, mi viene in mente Immanuel Kant, uno dei più grandi pensatori di sempre, e un suo celebre passo. Scrive Kant:
“Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! […] È così comodo essere minorenni.”
Con “essere minorenni” Kant intende “l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro”. Un uomo che si fa guidare da un capo o da un libro, che delega ad altri i proprio compiti, che obbedisce ma non ragiona, è appunto minorenne, e non potrà mai definirsi libero. Possiamo quindi sostenere che Kant, seppur con tutte le precauzioni storiche del caso, si collochi in un certo senso sulla strada che già Aristotele aveva tracciato.
Ma tutto questo non basta: gli uomini continuano a desiderare l’eterna giovinezza come facevano migliaia di anni fa, nonostante le considerazioni di Kant e di Aristotele. Io mi ero sempre più convinto, sulle spalle di questi giganti, che i piaceri della ragione, intesa come tentativo di comprensione consapevole della realtà, avessero un valore più elevato rispetto ai passeggeri piaceri della giovinezza che spesso finiscono prima che li si riesca ad apprezzare davvero. Ma ultimamente mi sono imbattuto in alcune frasi scritte da Henri Bergson, filosofo contemporaneo e premio Nobel per la letteratura, che hanno messo in crisi le mie convinzioni e mi hanno aiutato a comprendere meglio un aspetto più sottile della meraviglia di essere giovani. Scrive Bergson sulla speranza, e quindi, sulla giovinezza:
“Se la speranza è un piacere così intenso, ciò è dovuto al fatto che l’avvenire, di cui possiamo disporre, ci appare al tempo stesso con varietà di forme, ugualmente sorridenti e possibili.”
Quando si è giovani, la speranza è un’esperienza quotidiana, una compagna di vita. I ragazzi proiettano se stessi nel futuro in maniera vaga, multiforme, ma quasi sempre in maniera “sorridente”, come scrive Bergson. Quando si è piccoli, si spera di diventare molte cose, tutte positive e di successo. E fin qui ci siamo. Vi è però un altro punto. Mentre si vive questa situazione di attesa, allo stesso modo nessuno dei propri coetanei ha ancora iniziato realmente il proprio percorso di vita. Tutti sono qualcuno solo potenzialmente, ogni ragazzo e ragazza deve ancora sorgere, diventare ciò che è: scegliere. Quando si è bambini/adolescenti vi è quindi questa sorta di orizzontalità, questa situazione di convivenza tra pari, piena di speranze. Nella bolla sociale del bambino/adolescente tutti sono allo stesso livello.
Ma cosa succede invece quando si cresce? Continuiamo con Bergson:
“Ma se anche si realizzerà la più desiderata [tra le possibilità in cui si spera] sarà comunque necessario sacrificare tutte le altre, e avremo perso molto.
Il filosofo francese sottolinea innanzitutto l’aspetto individuale della crescita. Quando si sceglie, inevitabilmente la scelta che si compie esclude le altre possibilità. E in questo senso crescere e scegliere sono sinonimi. Intraprendere una strada di vita significa escludere tutte le altre possibili. E la potenza con cui Bergson esprime questo concetto è straordinaria:
“L’idea dell’avvenire pregno di infinite possibilità è quindi più feconda dell’avvenire stesso. Ed è proprio in ragione di ciò che la speranza ci appare più attraente del possesso, il sogno più attraente della realtà.”
L’idea del futuro è più attraente dell’avverarsi del futuro stesso. E questo per una sua caratteristica strutturale. Prima di diventare adulti, il futuro è sogno e immagini vaghe, è “pregno di infinite possibilità”. Ma quando si cresce, e quindi quando si sceglie, il futuro diviene presente e le possibilità diventano realtà: tra tutti gli scenari di vita possibili che avevamo sognato, uno solo si realizza. E non può essere altrimenti, perché la realtà è una sola. Inoltre, nel momento in cui ognuno decide la propria strada, raggiunge successi e accumula fallimenti, quell’orizzontalità dell’infanzia/adolescenza si disperde. Inevitabilmente la crescita genera disuguaglianza, e non ci si può fare nulla.
Cosa trarre da questo discorso? L’attesa della vita è forse meglio della vita stessa? Ponendo questo quesito stiamo ritornando alla nostra domanda iniziale. Tra infanzia e età adulta dove sta la felicità? Un’eterna giovinezza corrisponderebbe a una perpetua infantile ebbrezza? La possibilità di scegliere è più soddisfacente della scelta stessa? Come spesso accade in filosofia, più si cercano risposte e più si trovano domande. Ed è proprio lì che sta il bello: non c’è alcuna verità rivelata su questi temi, si può solo tentare una propria personale risposta.
Io penso che ogni sfaccettatura di queste considerazioni insegni qualcosa. Quello che ci vuole dire Bergson è molto chiaro: vi è una malinconia strutturale nel crescere e nel divenire adulti. Ed è la malinconia che deriva da quelle possibilità che abbiamo sognato e che necessariamente non possono realizzarsi tutte. Tuttavia, Kant e Aristotele ci mostrano anche l’altro lato della medaglia. Diventare adulti significa diventare maturi e autonomi, e quindi liberi (con Kant) o potenzialmente davvero felici (con Aristotele).
Infine quello che mi sento di dire è questo: ogni età ha aspetti positivi e difficoltà, opportunità e pericoli. Il tempo trascende la nostra volontà, e che lo si voglia o no, continuerà a scorrere. Non rimane allora che provare a godere del momento della vita in cui si è, apprezzandone le possibilità senza rimpiangere qualcosa che inevitabilmente non può più esserci.
Sono molto curioso di sentire le vostre opinioni, specialmente riguardo temi come questo che non hanno risposte definitive. Mi avete scritto in tanti dopo l’ultimo numero, grazie. Stimolare il confronto è uno degli obiettivi principali di Autarkeia. Per qualsiasi cosa, scrivimi rispondendo a questa mail. Ora, come vi avevo detto, passiamo direttamente ai consigli:
Due commenti differenti sull’assalto a Capitol Hill: uno da destra più liberale e uno da sinistra più realista. Il primo è di Liberi Oltre, un progetto di divulgazione economica il cui volto più noto è Michele Boldrin, importante professore universitario italiano che insegna in America. In questo video, Boldrin discute i fatti americani con altri docenti universitari, come Sandro Brusco, giornalisti e intellettuali. Il secondo è di Limes, la più importante rivista di geopolitica italiana. Dibattono Lucio Caracciolo, il direttore di Limes, e Dario Fabbri. Se volete capire meglio cosa sia successo il 6 gennaio, entrambi sono super interessanti. Vi lascio anche un breve video di Vice che ha raccolto i momenti più assurdi di quel giorno.
Avete visto Il grande Lebowski? Immagino di sì. Per i pochi che non l’hanno visto… siete matti. Comunque: Riccardo Dal Ferro è un filosofo, youtuber e divulgatore, conosciuto soprattutto per il suo podcast giornaliero, Daily Cogito. Ho scovato un suo vecchio video che è una vera e propria perla: “La filosofia del drugo”. Il video mostra che Il grande Lebowski è sì una commedia, ma molto più profonda di quello che può sembrare. Far pensare e far ridere assieme è una delle cose più belle che si possono realizzare quando si producono contenuti.
Cosa significa avere tra i 20 e 30 anni oggi? Grazie a Chiara per avermi segnalato questo articolo che, partendo da esperienze personali di alcuni laureandi, parla di depressione generazionale e di rapporto tra giovani e futuro. “Non intendiamo di certo parlare di venticinquenni depressi, bensì del fatto che alcune persone sono depresse proprio perché si ritrovano nella impossibile condizione di avere 25 anni nel 2020”. Ci sono molte cose su cui non mi trovo d’accordo, ma l’articolo merita una lettura. Se questi temi vi interessano, posso parlarne in futuro. La grande depressione, su Nero.
Ogni fine anno il Post pubblica una raccolta di prime pagine dei giornali dell’anno appena trascorso. Sfogliarle è molto interessante, è come vedere scorrere davanti ai propri occhi il 2020. Costa e Sofri, il direttore e il vicedirettore, hanno poi fatto una diretta su Facebook in cui le commentavano. Eccola qui. Tra le prime pagine questa mi ha fatto ridere (più o meno):
Se vuoi concretamente supportare Autarkeia puoi comprare i libri consigliati direttamente dai link della newsletter, o acquistare qualcosa da questo link generico. Tu non paghi un centesimo in più, e io ricevo qualche spicciolo sul prezzo di vendita. É un gesto più che altro simbolico, ma importante per permettere al progetto di crescere e di essere più sostenibile nel lungo periodo.
E come sempre, i due libri della settimana.
Il signore delle mosche, di William Golding.
Dato che abbiamo parlato di gioventù e crescita, quale libro migliore di un romanzo che racconta di bambini che si massacrano tra loro su un’isola deserta? Il signore delle mosche è uno dei miei libri preferiti. So che probabilmente lo avete letto tanti anni fa, ma fidatevi, leggerlo da più grandi è tutt’altra cosa.
Apologia di Socrate, di Platone.
L’Apologia è stata scritta da Platone in giovane età. È un bellissimo testo se si vuole leggere qualcosa di filosofia anche se non la si studia, poiché è breve, profondo e scritto in modo chiaro. Platone riporta (non sappiamo quanto fedelmente) il discorso che Socrate pronunciò in tribunale per difendersi dall’accusa di empietà e di corruzione dei giovani. Nonostante la potenza della sua difesa, la giuria ateniese condannò comunque Socrate a morte.
Grazie di avermi letto anche questa settimana. Per gli universitari gennaio è un inferno dantesco (vi sono vicino), ma dobbiamo tenere botta. Come ho detto prima, se Autarkeia ti sembra un progetto di valore, aiutami a farlo crescere!
Ci risentiamo domenica,
Daniele
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