Sul lasciarsi trascinare dalla corrente
La felicità è distrazione e oblio del sé o una lenta e faticosa costruzione?
Rieccoci! Sono molto contento del primo numero, grazie a tutti coloro che mi hanno scritto, è un piacere ricevere dei feedback. Mi sono reso conto di non aver spiegato una cosa che sarà presente in tutti i numeri di Autarkeia: la citazione iniziale. Ogni numero avrà il suo aforisma che non sarà necessariamente collegato alle riflessioni successive. Perché? Due motivi: il primo è estetico. Ci sono frasi nella storia della letteratura e del pensiero di incredibile bellezza. Il secondo è teorico: in certi casi una sola citazione esprime un concetto profondo molto meglio che centinaia di prolisse e astruse pagine. Se la frase vi colpisce, scrivetemi e vi indicherò il libro da cui è tratta. Ora, let’s roll.
“Ciò che è tesoro e saggezza d’un uomo suona sempre un po’ sciocco alle orecchie degli altri.”
Hermann Hesse
Oggi trattiamo un tema delicato che necessita di una premessa. Quando si parla di questioni grandi e complesse, nessuno ha la verità in tasca. Il massimo che si può fare è esprimere un’opinione, più o meno argomentata, alla quale chiunque abbia voglia di ragionare può controbattere. Si deve diffidare di chi non accetta critiche argomentate, a prescindere dal suo titolo. Le idee che sto per esporre sono del tutto soggettive e limitate alla mia esperienza di vita. Partirò da alcune considerazioni personali per giungere a conclusioni più generali. Se non siete d'accordo vi invito a scrivermi. Iniziamo.
Potremmo dividere le nostre vite in due periodi: da una parte l’immaturità e la fanciullezza; dall’altro la maturità, la consapevolezza e l’autonomia. Vi sono determinati momenti nella vita di un individuo (e concentrandosi un secondo sul proprio passato penso sia facile individuarli) che cambiano il modo con cui ci approcciamo alla realtà. “Il mondo non ha bisogno di te”. Io penso sia questa la consapevolezza più drammatica che si acquisisce crescendo: una volta giunti a 18/19 anni ci si guarda attorno e ci si accorge che la scuola era un piccolo angolo protetto, in cui tutti ricevono attenzioni e vengono seguiti. Ma poi la scuola finisce.
E a quel punto bisogna guardarsi allo specchio. Ci sono due scelte possibili: distogliere lo sguardo e distrarsi; o guardarsi negli occhi e cominciare a fare sul serio. Ma il problema che molte volte si è posto in me è: perché dovrei farlo? Perché dovrei impattare contro mille difficoltà? Potrei lasciarmi trascinare dal qui e dall’ora. Potrei godermi le distrazioni, vivere appieno la gioventù che fra poco sfuggirà dalla mia vita. Perché dovrei mettermi in gioco?
Queste argomentazioni non sono per nulla banali. Non è facile convincersi che il momento di cominciare a fare sul serio sia oggi, e non domani. Ma oggi è questo che proveremo a fare.
Per esporre questa tesi, inizieremo analizzando il concetto di felicità. La parola felice deriva dal latino felix. Spesso i latini utilizzavano questo aggettivo riferito alle piante: per esempio arbor infelix (albero infelice) era la locuzione con cui si indicavano quegli alberi che non davano frutti, sterili. Mentre l’albero felice era quello prosperoso, che dava frutti commestibili e succosi. La nostra concezione di felicità ha perso questa sfumatura semantica. Sfumatura invece che colora in un certo senso anche la concezione degli antichi greci, che intendevano, con differenze più o meno grandi tra pensatore e pensatore, la felicità come scopo naturale della vita umana. Ma cosa centra tutto questo?
Centra. Perché dovrei mettermi in gioco? Perché rischiare e espormi al giudizio degli altri? Per essere più felice. La concezione di felicità degli antichi ci insegna che la felicità è un obiettivo, una costruzione, un processo. Per dare i propri frutti, per essere un arbor felix devo crescere, devo cercare di diventare di più. E allo stesso modo quando i greci individuano nella felicità il fine naturale dell’uomo, la felicità è appunto uno scopo, e quindi la vita un movimento, una tensione verso di essa.
Tuttavia, è molto diffusa l’idea che la felicità sia uno stato effimero, una sfuggente sequenza di istanti di perdita del sé. Come se nell’oblio di se stessi e nella distrazione si celasse l’unico modo per essere lieti, perché “di doman non c’è certezza”. E allora si ricerca qualsiasi forma di alterazione (che sia una serata, uno spritz, il sesso, un videogioco o Netflix) e si vive nell’attesa di quei momenti di inconsapevolezza. E si vive così nel qui e nell’ora, nella via che sembra facile, quella più piacevole, quella più felice. Ma non è così.
Perché alla fine la mattina ci si sveglia sempre, perché prima o poi si ritorna in sé. Fuggire senza meta non conduce in nessun luogo, non costruisce nulla, non rende felici. La felicità è una costruzione difficile, un lungo lavoro su se stessi, un processo di esposizione che porta alla conoscenza delle proprie qualità e dei propri difetti, dei propri limiti e dei propri talenti. É vero che le distrazioni sono fondamentali: sono momenti di pausa necessari, estremamente piacevoli e utili. Nessuno vuole diventare un cyborg da combattimento che lavora 15 ore al giorno. Nessuno. Ma la distrazione non deve diventare ciò che si aspetta quando ci si alza ogni mattina: una dipendenza, una ragione di vita. Perché è uno spreco, è un’idea fallace della vita, della soddisfazione personale, della felicità. Io credo che la felicità sia nella consapevolezza di se stessi, non nell’oblio temporaneo dovuto a un’alterazione esterna.
Ed è dura, lo so. Si deve imparare a fallire, a essere consapevoli che ci sono tantissime persone determinate e molto brave nel fare quello che fanno. Ma se si tiene di fronte a sé il proprio obiettivo, se ci si impegna tanto con dedizione e passione, i risultati arriveranno. E se non arriveranno, si deve continuare a tentare. E prima o poi daremo i nostri frutti, piantati nel terreno con solide radici.
Questo progetto alla fine non è nient’altro che questo: un tentativo di conoscermi, di comprendere limiti e potenzialità di ciò che faccio. Un tentativo di costruire una felicità, di piantare radici, di guardarmi allo specchio. E vi assicuro che non è il primo tentativo.
So che la riflessione di oggi può sembrare insolita, ma è un discorso che mi sta a cuore. E ora: parliamo di attualità.
Il 15 novembre è stato firmato “uno dei più grandi accordi commerciali della storia dell’umanità”. Una cosa abbastanza preoccupante è il fatto che in Italia se ne sia parlato pochissimo (l’italo-centrismo è un grave problema del nostro paese). Ma noi andremo controcorrente e ne parleremo qui su Autarkeia.
I leader di 15 paesi della regione dell’Asia-Pacifico hanno firmato un accordo di libero scambio (Regional Comprehensive Economic Partnership, RCEP) che coinvolgerà il 30% della popolazione mondiale (2.2 miliardi di persone). Tra questi paesi va notata la presenza della Cina e l’assenza dell’India, l’altra superpotenza della regione. Quindi è facile comprendere che questo trattato favorirà le esportazioni cinesi nell’area, e di conseguenza l’influenza di Xi Jinping (il dittatore de facto della Repubblica Popolare cinese) nel Pacifico, nel Sud e nell’Est dell’Asia.
L’altro grande assente sono gli Stati Uniti. Durante la presidenza Trump gli USA hanno mantenuto un atteggiamento isolazionista, imponendo dazi e ritirandosi dagli accordi internazionali, come il Trans-Pacific Partnership, un trattato da cui gli Stati Uniti si sono ritirati nel 2017 e che interessava molte nazioni che hanno firmato il RCEP. Vedremo se Biden (il neo-eletto presidente che entrerà ufficialmente in carica il 20 gennaio 2021) invertirà la tendenza, ma è già chiaro qualcosa su cui possiamo riflettere.
Il ruolo degli Stati Uniti nel mondo sta cambiando e i sintomi che lo mostrano sono molteplici: la crescita esponenziale della rilevanza geopolitica della Cina, i disastrosi interventi in Medio Oriente dopo l’11 settembre (in Afghanistan si sta cercando di stringere un accordo di “pace” con i talebani…), l’estrema polarizzazione che sta devastando il contratto sociale americano (basta ripensare agli scontri violentissimi che sono avvenuti dopo l’omicidio di George Floyd da parte dell’agente Derek Chauvin) e le difficoltà in cui la più potente democrazia del mondo è incorsa durante la 59esima elezione presidenziale.
La politica estera degli Stati Uniti si rivela sempre più timorosa e riluttante, mostrando sempre meno interesse ad aumentare la propria influenza al di fuori del continente americano. Ormai ci sono pochi dubbi: il XXI secolo sarà The Chinese century.
E ora i consigli. In Italia, mentre divampa la polemica sul Natale in famiglia o meno, si fanno tutorial su come fare la spesa in maniera sexy ed intrigante nella settimana del 25 novembre (la giornata contro la violenza sulle donne).
Vediamo se riusciamo a trovare qualcosa di più interessante.
Lavoce.info è un sito di divulgazione economica gestito da importanti accademici e economisti italiani. Questa settimana è stato pubblicato un interessante articolo su un tema che qui ad Autarkeia conosciamo bene. “La scuola è un focolaio?”. La risposta breve è che non abbiamo i dati per saperlo, anche se sembra che la risposta sia no. Le scuole chiuse sarebbero quindi una mossa alla cieca. Perché chiuderle allora? Abbiamo già provato a rispondere a questa domanda. (Per inciso: in Francia, Spagna e Germania le scuole non hanno mai chiuso).
Su Le parole e le cose, il sito di riferimento in Italia per la letteratura, è stato caricato questo articolo, che in un certo senso si interseca con quello di cui abbiamo discusso oggi. Cosa significa invecchiare? Sergio Benvenuto è uno dei più importanti psicoanalisti italiani. Super-interessante, ve lo consiglio.
Entropy for life è un canale YouTube italiano gestito da un giovane biologo molto competente (Giacomo) che parla di evoluzione, di animali e di vita in generale. In questo video spiega chiaramente che l’idea diffusa per cui “riprodursi sia l’obiettivo della vita” sia abbastanza imprecisa. In realtà abbiamo l’istinto a riprodurci perché… chi non lo aveva non ha avuto proli e quindi non ha trasmesso i suoi geni.
Cosa è successo nel 2008? Cosa ha scatenato la peggiore crisi finanziaria degli ultimi decenni? Molti miei coetanei sono cresciuti con l’associazione tra “futuro” e “crisi economica” proprio a causa di questi avvenimenti. Fabio Sdogati insegna International Economics al Politecnico di Milano, e in questa celebre lezione tratta le origini della grande recessione e anche qualcosa di più. Se avete due ore di tempo, ascoltatela e non ve ne pentirete, ve lo prometto.
In molti mi avete scritto di aver apprezzato i consigli di lettura. Grazie! Ecco i libri della settimana.
La letteratura russa ha la sua età dell’oro nell’Ottocento. Autori come Dostoevskij, Gogol’ e Tolstoj sono universalmente noti al grande pubblico e ancora oggi vengono giustamente celebrati come alcuni dei maggiori scrittori di tutti i tempi. Gli specialisti inseriscono in questo gruppo d’élite anche Čechov, ma il mio caro Anton è molto meno conosciuto tra i lettori. Ha scritto soprattutto racconti e opere teatrali, e penso che sia questo ad averlo sfavorito nelle librerie. Ma non ha nulla da invidiare ai nomi che ho citato all’inizio: se la prosa pesante e densa fino all’eccesso di metaforiche riflessioni vi stanca facilmente, leggete Čechov. Sono racconti per lo più brevi, scritti in maniera semplice, chiara e scorrevole, ma che grazie al suo immenso talento risultano essere incredibilmente profondi: leggere Cechov è un modo per capire che la chiarezza è un valore, e che risultare incomprensibili agli altri non significa necessariamente essere più intelligenti. Se volete farvi un’idea, questo è il mio racconto preferito. Vi consiglio questa bellissima edizione.
Imperfezione, di Telmo Pievani
Telmo Pievani è il più importante filosofo della biologia italiano. “Esiste davvero una filosofia della biologia?” Sì, ed è anche molto interessante. Comprendere quale sia il suo oggetto d’indagine è semplice, basta farsi poche domande per capire che le scoperte biologiche aprono tantissimi quesiti filosofici. Cos’è la vita? Come definiamo ciò che è vivo e ciò che non è vivo? In che modo la teoria dell’evoluzione ha alterato la nostra visione del mondo? Come le scoperte di Darwin hanno rivoluzionato il nostro rapporto con Dio? Quest’ultimo quesito, se vi interessa, lo tratterò in una delle prossime newsletter. Imperfezione è il racconto della storia della vita dall’abiogenesi, cioè la nascita della vita sulla terra, all’homo sapiens. Pievani vuole mettere in risalto il motivo per cui le imperfezioni sono fondamentali nello sviluppo della vita sin dalle sue prime origini. Magari vi farà piacere saperlo la prossima volta in cui vi apparirà l’ennesimo brufolo e non vi sentirete perfetti.
E siamo giunti alla fine. Iniziamo a essere tanti, ne sono onorato e grazie. Uscire ogni domenica con un nuovo numero è un grosso impegno, e io sono da solo. Se apprezzi ciò che faccio e lo ritieni utile, aiutami a far crescere Autarkeia! Basta un consiglio ad amici e parenti, una condivisione sui social e sui gruppi. Sono piccoli gesti, ma per il progetto sono fondamentali.
Per qualsiasi cosa, scrivimi rispondendo a questa mail. Vi mando un abbraccio, ci sentiamo domenica e grazie!
Daniele