Autarkeia è una newsletter settimanale che esce ogni domenica mattina, per iscriverti clicca qui. Puoi leggere qui i numeri precedenti e qui il manifesto del progetto, mentre questi sono i miei profili Instagram, Linkedin e Twitter.
Siamo tornati! Spero abbiate passato delle belle feste. Sto lavorando ad alcune novità che vi mostrerò presto. Ci sono molte persone nuove con noi, grazie! Vi consiglio di leggere il manifesto di Autarkeia per capire meglio in cosa consista e a cosa miri questo progetto. La versione breve è che la newsletter si divide in quattro parti: una riflessione, un commento all’attualità, vari consigli su quello di interessante che si può trovare su internet e infine due consigli di lettura.
Iniziamo: oggi parliamo del nostro bel paese, di italo-centrismo e di cosa è successo in un mese al di fuori dei nostri confini, tra attentati, rapimenti e oppio (non parlerò di Stati Uniti perché se ne sta parlando a sufficienza in tutto il mondo). Fuori dall’Italia, perché in Italia il dibattito pubblico è dominato dall’interessantissimo conflitto tra Renzi e Conte.
“La vita degli italiani è senza prospettiva di miglior sorte futura, senza occupazione, senza scopo, e ristretta al solo presente”.
Giacomo Leopardi
La frase è un po’ crudele, lo so, ma l’ha scritta Leopardi, non io. Era il 1824. Questo pezzo mi è venuto in mente una sera in cui stavo guardando la televisione. Erano passati 27 minuti dall’inizio del telegiornale, e ancora non si era parlato di altro che non fosse Italia, scena politica nostrana, cronaca locale. Non una parola sulla politica estera, su che cosa stesse succedendo fuori dai nostri confini. Allora non ho potuto fare a meno di pensare che “non facciamo altro che guardarci il nostro patriottico italico ombelico”. E penso sia proprio così. L’Italia ha questa percezione distorta di sé stessa, si sente più importante degli altri, migliore degli altri per il semplice fatto di essere ciò che è. Non interessa l’estero perché l’estero non esiste, non è importante, non ci riguarda. E questo tratto peculiare della nostra cultura ha conseguenze, eccome se ne ha.
La mia impressione è che l’opinione pubblica italiana non riesca a porsi in un contesto, il reale contesto in cui si trova, e si consideri un’isola che galleggia da sola in un oceano, anche se non è così. Tuttavia, la verità è che siamo una piccola nazione sviluppata che ormai da qualche decennio sta scivolando in un lento declino verso il basso su un piano inclinato: in Italia il reddito medio pro capite non cresce da 20 anni. La popolazione continua a diminuire, il debito pubblico a salire, e la classe politica è immobile.
Ma intanto il mondo corre. Mi fa sempre un certo effetto pensare che nazioni che riusciamo a malapena a collocare sulla cartina geografica abbiano il doppio o il triplo degli abitanti del nostro belpaese: il Pakistan ha 233 milioni di abitanti, il Bangladesh 169 milioni, l’Etiopia 100 milioni. Siamo piccoli e sempre più irrilevanti. E non riusciamo a rendercene conto. Vogliamo la frammentazione politica, ci polarizziamo e ci allontaniamo l’un l’altro senza renderci conto di quanto ci danneggiamo. Siamo incapaci di guardarci dal di fuori, di giudicarci in maniera imparziale, di guardare in faccia la realtà e ci perdiamo tra rosari sudati, dibattiti futili e uomini/donne presunti forti che vogliono il primato dalla sacra patria italica. E finisce sempre così: continuiamo a guardarci l’ombelico.
Questa inclinazione ha un’altra conseguenza: nel momento in cui non riusciamo a immedesimarci in qualcun altro, non siamo nemmeno in grado di guardarci da lontano. Mi spiego meglio. Se non riusciamo a guardare l’Italia da fuori, questo spiega anche il motivo per cui il lungo periodo va così poco di moda in Italia. Come conta solo ciò che accade al di qua del confine, allo stesso modo conta solo ciò che accade oggi e domani, non tra dieci anni. “Ristretti al solo presente” scrive Leopardi.
E la domanda allora sorge spontanea: perché? Sinceramente non lo so, e non penso che esista qualcuno che abbia la risposta definitiva. Ma si possono tentare spiegazioni, e soprattutto cercare modi per migliorare questa tendenza. Lo scritto di Leopardi che ho citato prima, nonostante sia ben radicato nel suo tempo, ha molti aspetti attuali. Leopardi sostiene che le colpe delle criticità italiane siano attribuibili alla classe dirigente e intellettuale, che lui chiama società stretta. Questa società stretta, l’élite della nazione, non è in grado di dare prospettive, guidare verso una modernità matura la popolazione. E questa è sicuramente una parte rilevante della storia. Ma non l’unica. Hanno un ruolo fondamentale i media di informazione, il loro continuo rincorrere la polemichetta locale senza dare una prospettiva più ampia. Ne consegue che la responsabilità sulle spalle degli individui che vogliono trasformare questa situazione aumenta vertiginosamente: come cittadini dobbiamo cercare noi di cambiare le cose. E i modi ci sono.
Ho pensato di dare alcuni consigli “contro l’italico ombelico”. Sono cose piccole, ma concrete, che lentamente possono cambiare la percezione che abbiamo di noi stessi e della nostra nazione. È solo un tentativo, come del resto lo è questo progetto. Ogni idea, proposta e critica è ben accetta, sentitevi liberi di commentare o di rispondere a questa mail. Allora:
Abbonarsi al New York Times. Una volta ho letto che quando si parla di giornali il Times non lo si prende nemmeno in considerazione perché è troppo superiore agli altri. Se siete studenti l’abbonamento alla versione europea costa 2 euro al mese (2 euro) e potrete scegliere tra decine di newsletter e leggere tutti gli articoli che volete.
Leggere cosa si dice di noi all’estero. Faccio alcuni esempi: “Come rovinare una nazione in tre decenni”, scritto da un importante think tank americano e che parla dell’italico declino. Oppure: “Alitalia: Too italian to fail”, scritto da Politico (altro giornale molto valido). Ma anche le cose positive: Nature ha parlato della collaborazione che è scattata nella ricerca italiana contro il coronavirus.
Ascoltare e leggere “Da costa a costa”, il progetto di Francesco Costa che racconta gli Stati Uniti agli italiani. Oppure ascoltare la rassegna stampa internazionale di Radio 3, disponibile anche in podcast.
Viaggiare. So che è banale come cosa, o forse non lo è così tanto. Fare volontariato fuori dall’Italia, studiare fuori dall’Italia, vivere un’altra nazione insomma, non solo essere turisti per qualche giorno.
L’ultimo consiglio lo vediamo direttamente nel commento all’attualità. Sapendo che avrei scritto questa newsletter, nell’ultimo mese mi sono segnato alcune di quelle notizie internazionali che appaiono e scompaiono negli interstizi del sistema dell’informazione. Penso che possano completare quanto scritto sopra, ed è significativo che praticamente tutti gli articoli da cui mi sono informato non provengano da fonti nostrane. Vediamo.
Il 29 novembre Boko Haram, il più grande gruppo terroristico africano, ha ucciso 110 contadini in Nigeria. Boko Haram significa in lingua hausi “l’educazione occidentale è proibita”. Si stima che da quando i terroristi hanno iniziato il loro progetto di costruire uno stato islamico nel nord della Nigeria siano state uccise 30mila persone. Poco dopo, sempre in Nigeria, sono stati rapiti 300 ragazzi e bambini da banditi locali.
Come scrive l’ISPI, la Nigeria è senza pace (e lo scriveva a giugno dopo che Boko Haram aveva per l’ennesima volta ucciso 70 persone).
E andiamo ora in Niger. Il governo locale ha decretato il lutto nazionale per la morte di 100 persone, uccise pochi giorni fa probabilmente da gruppi jihadisti in motocicletta in due diversi villaggi. Intanto in Etiopia è scoppiata una guerra civile. Infine abbiamo lo Yemen, una nazione che è lacerata da una guerra che dura da troppo tempo. 22 persone sono morte in un attacco all’aeroporto di Aden il 30 dicembre, mentre stava atterrando il nuovo governo della nazione supportato dalla grande potenza che orchestra la guerra in Yemen, l’Arabia Saudita.
E infine una non notizia, ma che mi ha molto colpito. In questo articolo, il NYT racconta di un villaggio in Afghanistan al confine con l’Iran che viene chiamato il villaggio delle vedove. Questo perché l’unico modo che gli uomini del villaggio hanno per guadagnare qualche spicciolo e sopravvivere è contrabbandare oppio e eroina al di là del confine: ma ogni anno le truppe iraniane alla frontiera uccidono centinaia di afghani che provano a entrare in Iran. E le donne rimangono sole a morire di fame.
Leggendo queste notizie, mi viene in mente una dichiarazione dell’ex presidente della Commissione Europea, Juncker, che una volta disse che coloro che organizzano gli attentati in Europa “sono gli stessi da cui i profughi scappano” quando decidono di mollare tutto e fuggire dalla loro terra natia. Questo non è stato un mese di sangue nei paesi in via di sviluppo, ma un mese di normale avvenimenti: la stragrande maggioranza degli attentati e delle stragi non avviene in casa nostra, ma in casa loro. E la mancanza di questa consapevolezza conferma l’alterazione della percezione che abbiamo del mondo.
E ritorniamo così a ciò che consideravamo all’inizio. Penso che il miglior modo per rompere e incrinare questo meccanismo di italo-referenzialità che è sempre più ridicolo agli occhi nostri e del mondo sia imparare a vestire i panni degli altri riuscendo a guardare il mondo da altri punti di vista. Le nazioni estere hanno i loro problemi (spesso molto più gravi dei nostri), un’opinione pubblica, persone arrabbiate, uomini assetati di potere, ricchi e poveri, interessi collettivi e personali: come noi. Mi sembra che l’opinione pubblica spesso se lo dimentichi.
Sarei molto curioso di sapere cosa ne pensate.
Dopo “Un po’ di leggerezza” dovevo controbilanciare con una newsletter pesante, per forza. Scherzo, spero che il messaggio sia arrivato nel modo giusto. Ora i consigli, più leggeri, promesso.
“An ode to naps” (un inno ai pisolini) scritto dall’Atlantic. Mi ha fatto molto ridere, ma anche un po’ pensare.
Soul, l’ultimo cartone animato della Pixar. Mi ha colpito tantissimo: filosofia, senso della vita, anima e realizzazione personale. Tutto tranne che un film per bambini, ed è anche comprensibile, dato che i fan più affezionati alla Pixar, quelli che sono cresciuti con Toy Story e Cars, ormai sono persone adulte.
Ho già consigliato un video di Giacomo di Entropy for life in passato, ma ne ha pubblicato un altro molto interessante che risponde a una domanda che ci stiamo ponendo spesso. Come potrebbe andare la pandemia nel 2021?
In Italia ultimamente si è molto dibattuto sulla riapertura delle scuole. Avevo espresso la mia opinione a riguardo qui. Tuttavia, mi ha fatto molto riflettere questo articolo che ha messo in discussione molte delle mie convinzioni. Mentre questo le ha confermate. La cosa migliore è sempre sentire entrambe le campane.
Adrian Fartade è laureato in filosofia e storia, ed è uno dei più importanti divulgatori scientifici in Italia. Il suo canale Link4Universe ha quasi 400mila iscritti. Parla di astronomia, astrofisica, astrobiologia, insomma astro-qualsiasi cosa. Ha una passione incredibile e questo video mi ha colpito molto: è possibile arrivare alla comprensione dell’intero universo?
Se vuoi concretamente supportare Autarkeia puoi comprare i libri consigliati direttamente dai link della newsletter, o acquistare qualcosa da questo link generico. Tu non paghi un centesimo in più, e io ricevo qualche spicciolo sul prezzo di vendita. É un gesto più che altro simbolico, ma importante per permettere al progetto di crescere e di essere più sostenibile nel lungo periodo.
E ora le letture.
Le otto montagne, di Paolo Cognetti.
Questo romanzo ha vinto il premio Strega nel 2017. Racconta la storia di un’amicizia tra le montagne della Valle d’Aosta. É un romanzo pulito, scorrevole, leggero ma profondo. É il libro giusto da leggere prima di dormire quando si è stanchi e non proprio propensi ad aprire un tomo di Dostoevskij.
Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani, di Giacomo Leopardi.
Eccolo. É un piccolo saggio scritto da Leopardi nel 1824 in cui emerge il filosofo morale e antropologo Leopardi, meno famoso del Leopardi poeta, ma comunque estremamente interessante. É denso ma breve, saranno una quarantina di pagine: è impressionante constatare che molti problemi dell’Italia di 200 anni fa sono rimasti gli stessi.
Basta, me ne vado, ho detto anche troppo. Grazie per avermi letto anche oggi, sono felice di essere tornato e mi mancava scrivere Autarkeia. Ora continuiamo a sentirci fino a Pasqua: uno dei miei obiettivi per il 2021 è di non mancare nemmeno un numero (ci si prova), so che non aspettate altro eh, lo so, lo so.
Un abbraccio e fate i bravi, ci sentiamo domenica,
Daniele
Autarkeia è una newsletter settimanale che esce ogni domenica mattina, per iscriverti clicca qui. Il progetto è totalmente gratuito, quindi vive del supporto della community: aiutami a fare conoscere Autarkeia. Se apprezzi questo appuntamento settimanale, condividilo, consiglialo, parlane con amici e parenti.
Hai bisogno di contattarmi? Rispondi direttamente a questa mail.