Ma prima del ma ci va sempre la virgola?
Contro i dogmi in letteratura: per una scrittura davvero contemporanea
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Oggi parliamo di scrittura e letteratura. Per l’occasione ho deciso di caricare su Medium un mio racconto breve: si intitola “Lei” e parla di… droga. Se vi va, dateci un’occhiata, è molto corto, si legge in tre minuti. Vi consiglio di leggerlo dopo la newsletter, penso che potrebbe dare al racconto un sapore diverso.
Un’altra novità. Ho creato una lista di libri (l’ho chiamata Autarkeia Wishlist). Ogni settimana dietro i numeri di questa newsletter ci sono decine di ore di ricerca, scrittura, correzione e rilettura: e io sono da solo. Se apprezzi il mio lavoro, se questo progetto è diventato per te un’abitudine e uno stimolo settimanale, insomma una piacevole ricorrenza domenicale, puoi regalarmi un libro! Per farlo basta scegliere un titolo dalla lista e selezionare “Fai un regalo”, per poi inviare il pacco al mio indirizzo, seguendo le indicazioni di Amazon. Ovviamente, potete anche usare la lista per prendere spunti, trarre ispirazione o scoprire nuovi autori: per farla breve, fateci quello che volete.
Come sempre grazie dei tanti messaggi. Buona lettura.
“Dietro alla parola è il caos.”
Henry Miller
La passione per la scrittura la devo alla mia maestra delle elementari. Ci costringeva a scrivere un tema alla settimana e dedicava alla grammatica e alla sintassi la maggior parte delle sue ore. In quegli anni iniziò a capitarmi una cosa che non ha più smesso di accadere: mentre scrivevo mi assentavo dal mondo circostante per lunghi minuti. Mi succedeva di essere completamente nel foglio, o meglio, nella penna: il tempo trascorreva senza che me ne accorgessi e avevo l’impressione che il mio cervello si fosse spostato dalla sua posizione usuale, dietro alla fronte, all’aggeggio che tenevo nella mano destra. Poi a un certo punto sentivo qualcosa, la voce di un compagno, la campanella o qualcuno che chiedeva di andare in bagno, e tornavo alla realtà. E all’improvviso mi ricordavo del mondo circostante, e di essere un corpo, non un cervello in una penna. Quei momenti mi hanno convinto del fatto che avrei voluto scrivere nella vita.
Mi succede ancora oggi ogni volta che scrivo (che siano newsletter, racconti o paper per l’università). “E cosa me ne frega a me?” Hai ragione. Non parleremo di questo: non tutti hanno la passione per la scrittura, anzi, ricordo che nella mente di molti miei compagni scrivere temi era peggio dell’interrogazione di greco. Rimane il fatto che nessuno può evitare la scrittura nella sua vita. Che ti piaccia o no, in pressoché qualsiasi lavoro tu faccia, prima o poi ti troverai ad avere a che fare con un foglio bianco che devi riempire. Probabilmente non per scrivere racconti, ma non importa, sempre scrittura sarà. E l’unico aiuto che avrai saranno i remoti ricordi della scuola dell’infanzia.
E a quel punto ti torneranno alla mente le regole basilari che ti erano state insegnate. Questo perchè quando siamo piccoli ci insegnano alcune regole fondamentali per “scrivere bene” che poi ci portiamo dietro tutta la vita. Sono regole utili: hanno un fine pedagogico e nascono con l’intento di dare delle linee guida per evitare eclatanti storture sintattiche e grammaticali. Ne cito solo alcune, penso vi ricorderanno qualcosa:
Prima del ma, metti sempre la virgola
Non fare ripetizioni, usa tanti sinonimi
Non iniziare mai una frase con un ma
Non scrivere mai la parola cosa
Usa molti aggettivi, metafore e similitudini
Queste linee guida ci venivano imposte e, se non erano seguite, arrivava la penna rossa della maestra a riportarci nei ranghi. La maggior parte delle persone impara queste regole durante l’infanzia e non le scorda più: anche perché non approfondirà mai più la scrittura per il resto della sua vita.
Un altro insegnamento che probabilmente ricorderete è quello per cui non si debba scrivere come si parla, ma cercare di essere più eleganti, più colti. Ci vengono presentati i classici meravigliosi modelli di prosa come Manzoni e D’Annunzio, ci viene spiegato che quello è il più bell’italiano che sia mai stato scritto. E ci viene poi detto che a quelle divinità, anche se abbiamo solo 10 anni, dobbiamo ispirarci. Ed è così che passa il messaggio per cui scrivere bene significa scrivere in modo aulico, complesso, sofisticato. Cose del tipo: “se devo scrivere andare, è meglio recarsi”; oppure “se devo scrivere diverso, è meglio eterogeneo”.
Torniamo alla mia maestra delle elementari. Era bravissima e devo a lei tantissime cose. Tuttavia, aveva alcune fissazioni che andavano proprio nella direzione che ho appena descritto, e che col senno di poi mi risultano alquanto inspiegabili. Era ossessionata da alcune locuzioni che usava come il prezzemolo. In particolare non mi scorderò mai il suo “fare bella mostra di sé”. Le piaceva tantissimo. E infatti quando rileggo i miei temi delle elementari (cosa che vi consiglio di fare, si ride tantissimo) sono cosparsi da frasi del tipo “i libri facevano bella mostra di sé sugli scaffali della biblioteca”, oppure “la casa faceva bella mostra di sé in cima alla collina”.
Ora, chiediamoci: un bambino di 10 anni direbbe mai che un libro fa bella mostra di sé? Evidentemente no, anche perché: cosa diamine vuol dire? Allora perché lo scrivevo? Perché mi avevano insegnato che la scrittura era fatta così: fatta di frasi preconfezionate da incollare sul foglio a prescindere dai contesti, di regole precise che non potevano essere travalicate, di aggettivi pomposi e arcaici che rendono il nostro uno scritto intellettuale.
Ma le cose stanno davvero così?
Prendiamola apparentemente da lontano. Quando usciamo di casa la sera per vedere qualcuno, non usciamo in pigiama, giusto? Dato che ci stiamo per esporre agli occhi degli altri, vogliamo fare bella impressione. Ma non solo: vogliamo anche proporre un’immagine di noi stessi in armonia con quello che sentiamo di essere. Ci curiamo, ci mettiamo in ordine, ci facciamo belli. Ognuno si acconcia in accordo con se stesso: ci sarà chi esce sempre in smoking, chi esce in tuta, chi si trucca e chi non si trucca, chi preferisce i mocassini e chi le Jordan. Ed è giusto che sia così. Ma di una cosa possiamo essere certi: nessuno uscirà di casa vestito come un gentiluomo dell’800, ispirandosi al look di Alessandro Manzoni.
Ma allora perché siamo convinti che si debba scrivere come si scriveva 150 anni fa? Sembra che inconsapevolmente ci abbiano convinto che scrivere significhi mostrarsi altro da sé, mascherarsi, nascondersi, ricoprirsi di trucco. Come se la nostra lingua reale non andasse bene, come se sul foglio si dovesse sembrare intellettuali, non intelligenti. Ma la scrittura non è un farsi belli: e anche se lo fosse, e se si volesse proporre una prosa curata ed elegante, la si vestirà in modo attuale, no? Non con corpetti e monocolo.
In un corso di scrittura Claudio Giunta, professore di Letteratura all’Università di Trento, mi disse
Non c’è nessun abito della domenica da indossare quando si scrive.
E penso sia proprio così, perché la scrittura è un modo di esprimersi, non altro; e la cosa è meno banale di quanto sembri. Cosa significa esprimersi? Il verbo viene dal latino ex-premere: letteralmente spremere, fuori uscire, premere fuori. E la scrittura è proprio questo: un modo di uscire allo scoperto, di trasformare il proprio animo in parole, di solidificare la propria interiorità in qualcosa di visibile per offrirlo alla vista di qualcuno. Allora perché devo nascondermi dietro a una lingua che non mi appartiene? Perché usare termini forbiti che non ho mai pensato in vita mia? Perché non devo fuori uscire come voglio io? Perché devo usare aggettivi che non userei mai e non scrivere “cosa” se penso che “cosa” sia la parola giusta da mettere in una frase?
Infatti non devo fare tutto ciò. La letteratura e la scrittura contemporanea sono molto diverse da quello che pensiamo. Liberiamoci dalle antiche catene: potete fare tutte le ripetizioni che volete, potete scrivere cosa, potete costruire frasi di una parola o periodi di 10 pagine. Si deve essere chiari, non forbiti; si deve essere se stessi, non qualcun altro. In scrittura non esistono regole, ma solo usi. Non ci si deve attenere ad un canone rigido e incontrovertibile, ma rispecchiare il proprio modo di essere, senza addobbarlo in maniera barocca ed eccessiva. Diceva Hemingway:
“La prosa è architettura non decorazione di interni.”
Tutto questo significa che ciò che scrivo deve essere meno curato, più svogliato e superficiale? Che devo dedicare meno tempo a curare i miei scritti? Che sono libero di scrivere “o mangiato” senza l’h? Assolutamente no, il punto è un altro. Faccio degli esempi concreti: prendiamo Saramago (morto pochi anni fa). Saramago ha sempre scritto i discorsi diretti senza punteggiatura, e si divertiva a costruire periodi lunghi una pagina (errori da penna rossa della maestra in piena regola). Ha vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1998.
Altro esempio:
Notte raminga e fuggitiva lanciata veloce lungo le strade d’Emilia a spolmonare quel che ho dentro, notte solitaria e vagabonda a pensierare in auto verso la prateria, lasciare che le storie riempiano la testa che poi così si riposa, come stare sulle piazze a spiare la gente che passeggia e fa salotto e guarda in aria, tante fantasie una sopra e sotto all’altra, però non s’affatica nulla. Correre allora, la macchina va dove vuole.
Bellissimo, vero? Ma è tutto sbagliato! Infiniti ovunque, soggetti che non tornano, pensierare e spolmonare: e allora? Funziona, e questo è ciò che conta. Ed è pure un’immagine incredibile. È l’inizio di Viaggio, il mio racconto preferito della celebra raccolta Altri Libertini di Pier Vittorio Tondelli. Sapete di cosa parla il primo racconto di Altri Libertini? Di eroinomani che non trovano più vene buone in cui bucarsi e allora si iniettano la droga nei genitali. E la cosa straordinaria sapete qual è? Che Tondelli me l’hanno dato da studiare per un esame all’università.
“La letteratura si occupa di cosa voglia dire essere un cazzo di essere umano”
David Foster Wallace
E noi abbiamo paura di scrivere cosa? Di fare una ripetizione? Di iniziare una frase con un ma? Bisogna avere fiducia in se stessi, non conformarsi a regole standard. Sento che in quel punto non devo mettere punteggiatura? Non ce la metto. Sento che in quel punto starebbe bene una parolaccia per rendere l’idea di quello che voglio esprimere? Ce la metto. Sento che quella frase risulterebbe molto più comprensibile senza centinaia di aggettivi e usando parole della lingua comune? La semplifico.
Insomma, ormai lo avrete capito: prima del ma non ci va sempre la virgola.
Erano mesi che volevo scrivere questa riflessione. Sono molto fiero di come sia venuta, fatemi sapere! Se ti è piaciuta, condividi questo numero:
Oggi siamo tornati alla normalità. E quindi, ecco i consigli.
Non so se viene siete accorti, ma c’è un nuovo governo (yuppiee). Chi è Mario Draghi? Perché è stato definito “l’italiano più stimato al mondo”? Si può davvero dire che “ha salvato l’euro”? Se poi volete provare a capire meglio cosa abbia fatto Draghi alla BCE (la Banca Centra Europea di cui è stato presidente dal 2011 al 2019) Il Sole 24 Ore ha pubblicato un bell’articolo in cui ci sono 18 schede sintetiche che ripercorrono i momenti più importanti di quegli anni.
Volevo consigliarvi un documentario: “Dentro allo Stato Islamico”, si può vedere su YouTube gratuitamente. Nel 2014 un giornalista di Vice è entrato all'interno dei territori controllati dall’ISIS e ha anche intervistato alcuni tra i miliziani. Io l’avrò guardato 4 volte: è scioccante. Volevo consigliarvi anche un film: Fargo, dei fratelli Cohen. Racconta di un tentativo di rapimento che si trasforma in una spirale di violenza insensata. Ha quel sapore macabro e ironicamente cinico che solo i fratelli Cohen sanno dare ai loro film. Ha anche vinto due Oscar.
Ritornando ai temi di cui abbiamo parlato oggi, il Tascabile ha pubblicato due articoli intitolati Il destino del romanzo, in cui critici letterari, ricercatori, scrittori e giornalisti discutono se ci sia spazio per la letteratura nel XXI secolo. Ecco la parte 1 e la parte 2. “Hai ancora voglia di leggere i libri difficili? L’iPhone quante volte ti interrompe, mentre leggi?” super consigliato.
Cosa ne pensa il mondo di quello che sta accadendo in Italia? Ecco cosa scrive il New York Times a riguardo: “Può l’uomo che ha salvato l’Euro ora salvare l’Italia?” (a proposito, ve li ricordate i consigli contro l’italico ombelico?).
Una forbita lingua di pattumiera, un pezzo illuminante sulla scrittura di Claudio Giunta, di cui condivido molto.
Non posso non parlare di ciò che sta accadendo nei Balcani perché sono legato affettivamente alla Bosnia. Di quello che sta succedendo lì si parla poco, troppo poco. Migliaia di migranti che hanno percorso la famigerata “rotta balcanica” sono accampati lungo il confine con la Croazia per provare a raggiungere l’UE. Nella neve e nel gelo, vivono in condizioni non umane da mesi, tentando ciclicamente di attraversare il confine, venendo respinti con le botte dalle forze di frontiera croate. Se volete approfondire, ecco qui un report di Human Rights Watch e un pezzo di Annalisa Camilli per Internazionale.
Oggi anche i libri sono a tema con la newsletter: due titoli pratici e concreti che hanno migliorato visibilmente il mio modo di scrivere.
Se vuoi supportare il progetto puoi regalarmi un libro, scegliendolo dall’Autarkeia Wishlist. In alternativa, puoi comprare qualcosa da questo link generico, o acquistare direttamente dai link della newsletter i libri consigliati in questo numero. Tu non paghi un centesimo in più, e io ricevo qualche spicciolo sul prezzo di vendita.
La scrittura non si insegna, di Vanni Santoni
“Un giovane scrittore che pensa di poter seguire una teoria è un imbecille”. Dritto al punto, concreto, utile: Santoni ha scritto questo agile pamphlet che non racconta favole. E ti insegna che se vuoi scrivere la regola è una sola: leggere, leggere, leggere.
Come non scrivere, di Claudio Giunta
Ho conosciuto il professor Giunta ad un corso di scrittura. Mi piacque talmente tanto che decisi di leggere anche il suo manuale. Se il libro di Santoni è dedicato a chi vuole scrivere romanzi e racconti, questo è sulla scrittura in generale: saggistica, burocratica, giuridica, qualsiasi cosa.
Questa frase mi piace moltissimo: “Le virgolette sono la gommapiuma che gli insicuri mettono attorno ai concetti”. Super consigliato.
E abbiamo finito. Vi ricordo di dare un occhio a Lei, il racconto breve che ho caricato su Medium, correlato a questa newsletter e che ne è in un certo senso il compimento; e anche all’Autarkeia Wishlist.
Come sempre, condividete e consigliate questo numero sui social, inoltrate la newsletter ad amici e parenti: se apprezzate questo lavoro, datemi una mano!
Ci sentiamo domenica e scrivete tutte le ripetizioni che volete,
Daniele
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