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Eccomi con il secondo pezzo sullo stare bene. Grazie per l’affetto e per le donazioni, non sapete quanto mi facciano piacere (clicca qui per recuperare il primo pezzo “Il corpo prima della mente”).
Cominciamo.
Il titolo è una citazione a una canzone di un artista underground a cui sono molto affezionato, bolognese di adozione.
Ultimamente, mi sono convinto che nella vita quotidiana i principi siano molto utili.
Fino a qualche tempo fa, al contrario, provavo molto piacere nel sentirmi e nel definirmi un nichilista, sia per qualche embrionale ragionamento filosofico, sia perché dava alla mia interiorità una sorta di “dark coolness” che faceva figo. E per questo i principi li avevo sempre rigettati.
“Io non ho tavole di comandamenti, posso fare quello che voglio”, scrivevo in un mio quadernino. E allora mi crogiolavo in questa supposta libertà: ero convinto di poter essere una persona libera di crearsi le proprie regole, di costruirsi i propri valori senza dover nulla a nessuna autorità, a nessun libro, a nessuna tradizione.
Credo che sia vero infatti che, per come si sono evolute le nostre credenze occidentali, abbiamo perso molti sistemi valoriali di riferimento, con la loro stabile e rassicurante struttura etica, con le loro certezze morali; e che quindi questo tipo di ragionamenti possano essere seducenti.
La scoperta di nuovi mondi e culture, la ricollocazione dell’essere umano sullo stesso piano biologico delle altre specie, lo studio storico degli usi e dei costumi e il declino delle grandi religioni ci hanno costretto a fare i conti (come società) con una forma di relativismo morale diffuso che, sebbene abbia causato una qualche forma di crisi, fortunatamente non ha portato a nessun collasso della civiltà (come aveva profetizzato qualcuno).
Oggi quella goffa versione di me stesso credo trovi perfetta rappresentazione nei famosi nichilisti tedeschi del Grande Lebowski. Non avevo nemmeno capito che cosa il nichilismo fosse, e non avevo pensato bene a quanto sia assurdo e quasi impossibile definirsi veramente “un nichilista”.
Ma oltre alle varie diatribe teoriche che ci interessano il giusto, un problema di questa versione pop del nichilista romantico è il fatto che essa ti costringe inevitabilmente a pensare troppo. Il tuo pensiero si ritrova privo di strade, allo sbaraglio nell’anarchia dell’overthinking. Non ci sono punti fissi, tutto è mobile. Ogni idea può cambiare ogni giorno, ogni percezione può trasformarsi nel suo contrario.
E vivere così è una gran fatica. Le nostre energie, sia cognitive che fisiche, sono limitate. E non possiamo sprecarne enormi quantità in costruzioni traballanti di previsioni infondate e in dipinti distorti di ricordi che alteriamo costantemente.
Ed eccoli arrivare, allora, i nostri principi: comodi, pratici, fissi. Quando il tuo pensiero deraglia e ti rendi conto che troppe energie stanno venendo impiegate in pensieri su pensieri, in problemi costruiti su altri problemi ipotetici, tu prendi il principio e lo applichi. Fine: senza discussioni. Un sacco di energia risparmiata, tanti pensieri negativi evitati.
Ovviamente, ciò che rende difficile questa idea è la seguente domanda: e come faccio a sceglierli bene questi miei principi?
Questa è certamente una domanda complicata. Scegliere il principio sbagliato può causare un po’ di danni. Quindi la risposta che ho trovato io è di farlo con molta umiltà. Non ci serve scrivere papers mentali in cui argomentiamo in modo serrato e rigoroso il perché li abbiamo scelti. Semplicemente, provo a ragionarci un po’ su e a scegliere quelli che mi sembrano i migliori, quelli che penso possano farmi del bene in relazione alla mia personalità.
Se poi si riveleranno inadeguati, magari li cambieremo in futuro. Ma il mio consiglio è provarli per un po’.
Ecco allora un esempio di un principio che da qualche mese applico sempre nella mia vita privata e che mi sta facendo molto bene.
Per una qualche condanna caratteriale, tendo sempre a pensare di aver sbagliato qualcosa dopo aver avuto una qualsiasi interazione interpersonale. Ho il terrore di aver detto qualcosa di inadeguato, di aver fatto qualcosa di irrispettoso, di essermi comportato in un modo che ha creato rancore negli altri.
Questa attitudine mi porta a sprecare infinite quantità di energie, a cavalcare l’overthinking per ore nella savana dell’ansia. A ripercorrere infinite volte le conversazioni e gli eventi, e a torturare chi mi vuole bene per ricevere inutili rassicurazioni.
Di conseguenza, per migliorare questa situazione ho sviluppato i seguenti principi:
La tua energia è limitata: se ti accorgi di starne utilizzando troppa su che cosa pensano gli altri, sposta quell’energia su te stesso.
Se qualcuno ce l’ha con te, te lo dirà. Se ce l’ha con te e non te lo dice, è lui a passare nel torto.
Questi principi (e molti altri) mi stanno aiutando più di quanto io potessi immaginare. Ogni volta che non li rispetto mi tiro uno schiaffetto mentale e mi rimetto in riga. Senza discutere, senza controbattere. Perchè penso che possano impattare solo in modo positivo su di me. Perché mi risparmiano ore di fatiche, e salvano molte calorie che posso utilizzare in modo oggettivamente migliore.
Infine, credo che la ricerca di principi personali possa avere un altro effetto positivo. Essa infatti promuove un’introspezione positiva, che ricerca soluzioni, non che crea infiniti (e spesso inutili) problemi. E quel tipo di riflessione (che è tutt’altro rispetto all’overthinking tossico) non è mai troppa: ti aiuta a conoscerti, e ti libera, non ti ingabbia.
Ti è piaciuto questo numero? Dietro ci sono io, Daniele. Sono laureato in filosofia teoretica e ora sono iscritto a Scienze Filosofiche a Bologna. In questo momento sto studiando alla CUNY, a New York.
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